Cos’è la giustizia riparativa? Si tratta di un istituto introdotto recentemente ed entrato in vigore con la riforma Cartabia. Questo tipo di giustizia non incide sulla vicenda penale e non è alternativa alla detenzione in carcere.

Si può definire come la “ricostruzione del legame spezzato tra vittima, reo e comunità”.

Il tema della giustizia riparativa è tornato alla cronaca dopo il caso di Davide Fontana. Il bancario condannato in primo grado a 30 anni a Busto Arsizio per aver accoltellato e fatto a pezzi l’ex compagna Carol Maltesi.

Per la Corte l’uomo si sarebbe “reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio cercare i propri interessi personali e professionali”. E ciò, insieme alla “consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte”, ne avrebbe scatenato la furia omicida.

Si tratta del primo caso in Italia. Poco tempo fa infatti questo tipo di permesso era stato negato a Benno Neumair, il giovane accusato di aver ucciso i genitori e di averne occultato i corpi che aveva chiesto di poter accedere al percorso insieme alla sorella.

Cos’è la giustizia riparativa: il programma

Il programma di giustizia riparativa è stato introdotto con la Riforma Cartabia e approvato con il decreto legislativo il 27 Settembre del 2021.

L’ammissione di questo istituto non incide sulla vicenda penale dell’imputato. È infatti importante sottolineare che l’entità della condanna resta immutata ma si intraprende esclusivamente un percorso di recupero del legame spezzato tra condannato e società.

L’esito del percorso riparatorio può essere simbolico e quindi consistere in dichiarazioni, scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla società. Oppure materiale, quindi avere a che fare con il risarcimento del danno o l’attenuazione delle conseguenze dannose del reato commesso.

Riguardo a questo istituto l’Italia ha scelto di intraprendere un percorso “parallelo” che ha l’obiettivo di ricomporre il conflitto. Non si tratta infatti di una giustizia alternativa rispetto alla giustizia tradizionale bensì di un modello complementare in grado di promuovere la pacificazione sociale. 

Con la giustizia riparativa cambia anche il ruolo del giudice che non si pone più sopra il conflitto in modo imparziale ma entra dentro di esso per risolverlo pur mantenendo il suo ruolo di neutralità.

Chi può accedere al percorso e come funziona

Si può accedere al programma riparativo per qualsiasi tipo di reato commesso a prescindere dalla gravità. La richiesta inoltre, può essere presentata in ogni stato e grado del procedimento.

Le parti che intraprendono il percorso del programma riparativo lo possono fare solo ed esclusivamente dopo aver dato il loro consenso libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta secondo l’art. 48 della riforma.

La legge del 2022 infatti descrive la giustizia riparativa come un programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni con l’aiuto di un mediatore imparziale.

Alla fine del percorso di giustizia riparativa viene inoltrata al giudice una relazione da parte del mediatore nella quale vengono descritte le varie attività svolte dall’imputato e l’esito riparativo raggiunto.

Ciò avviene anche nel caso di una mancata effettuazione del programma, dell’interruzione dello stesso o del mancato raggiungimento dell’esito riparativo.

Se il programma si è concluso con un esito riparativo, il giudice oltre ai fini previsti dall’art. 133 del Codice penale, terrà conto anche della circostanza attenuante, della remissione tacita di querela ai sensi dell’articolo 152 comma 2 del Codice Penale e della sospensione condizionale della pena. In questi casi infatti il giudice può decidere di ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di un anno.