Nel restyling delle pensioni delle lavoratrici per il 2024, si stanno facendo varie ipotesi di cambiamento di una delle misure che sembrerebbe abbandonare i soli tre criteri anagrafici, contributivi e di ricalcolo della pensione per avvantaggiare chi arrivi da situazioni particolari, ovvero l’opzione donna.
Tra le ultime novità emerse dai tavoli di riforma delle pensioni, la misura potrebbe inglobare alcuni parametri dell’Ape sociale, con uscita a 61 o 62 anni, eliminando alcuni sconti, come quello per i figli. Non a caso si parla di ‘opzione Ape donna’.
Tuttavia, in merito alle pensioni delle lavoratrici, dopo il flop della misura del 2023 che non replicherà le 24mila uscite dello scorso anno, c’è confusione, con requisiti e criteri che si rincorrono in quella che potrebbe rappresentare un mix di ipotesi.
Pensioni lavoratrici, le ipotesi di uscita 2024 con ‘opzione Ape donna’: ecco che cos’è
Nel restyling di opzione donna per le pensioni delle lavoratrici del prossimo anno, emerge l’ipotesi di un mix con l’Ape sociale. La misura alla quale starebbe pensando il governo, sarebbe quella di aumentare l’età di uscita e allargare i criteri dell’Ape sociale, ma di evitare in questo modo il ricalcolo contributivo della pensione.
Il meccanismo, quindi, si configurerebbe con i vincoli dell’attuale misura: l’accesso alla pensione anticipata sarebbe riservato alle lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi, caregiver o invalide almeno per il 74%, tutti requisiti richiesti già per l’Ape sociale.
L’uscita con questi requisiti sarebbe garantita a 61 o 62 anni di età unitamente a 30 anni di contributi, gli stessi requisiti di uscita dell’Ape sociale con uno sconto sull’età di uno o due anni. Uno sconto sui contributi (28 anni anziché 30) potrebbe essere introdotto fino a due figli.
Pensioni lavoratrici opzione donna, gli sconti su età e contributi e l’assegno di accompagnamento alla vecchiaia
A questi requisiti si aggiungerebbe anche lo svolgimento di lavori usuranti per i quali sarebbero richiesti 36 anni di contributi (come per l’Ape sociale) ed eventuale sconto a 34 anni con due figli (35 anni con un figlio). Per tutte le situazioni, l’opzione Ape donna si configurerebbe come un assegno di accompagnamento alla pensione (qual è attualmente l’Ape sociale), con indennità mensile di 1.500 euro, fino alla maturazione della pensione di vecchiaia dei 67 anni.
In questo modo, le lavoratrici andrebbero in pensione anticipata senza subire il ricalcolo dei contributi, come prevede l’attuale disciplina dell’opzione donna. E il ricalcolo non sarebbe previsto nemmeno sulla pensione di vecchiaia dei 67 anni.
Pensione donne, anche un mix tra le misure per l’uscita anticipata
Un’altra ipotesi di riforma delle pensioni con Ape sociale del prossimo anno riguarderebbe la possibilità di uscita con gli stessi requisiti della misura del 2023 ma eliminando il vincolo di età dei 60 anni e anche gli sconti. L’uscita anticipata sarebbe garantita alle licenziate, cargiver e invalide al 74% a partire dai 58 anni di età.
In altre parole, lo sconto sull’età sarebbe giustificato dal rientrare in una delle categorie socialmente svantaggiate. L’opzione maturerebbe con 35 anni di versamenti e ricalcolo contributivo della pensione.