Il 20 settembre 1958 segnò un cambio epocale per l’Italia. In quella data, la Legge n. 65/1958, conosciuta come la Legge Merlin, mise fine all’esistenza legale delle case di tolleranza nel Paese. Fu un evento estremamente significativo, che suscitò reazioni di vario genere: mentre alcune delle più note case di tolleranza organizzavano feste per celebrare la fine di un’era, la stampa maschile dipingeva l’immagine romantica delle signorine come figure mitizzate.
Perché la Legge Merlin era necessaria?
Ma qual era la realtà quotidiana di queste donne? Lontane dalle rappresentazioni idealizzate, le prostitute erano sottoposte a condizioni di lavoro estreme, con lunghe giornate lavorative e obblighi rigidi. Spesso, il controllo sanitario promesso era solo una facciata, e molte donne erano private delle libertà basilari. Inoltre, la gran parte delle entrate finiva nelle tasche dei gestori o veniva estorta attraverso vari mezzi. Con un futuro incerto, molte di queste donne si ritrovavano senza risorse una volta uscite dal circuito.
L’Italia prima della Legge Merlin
L’Italia degli anni ’40 e ’50 aveva un approccio distinto alla prostituzione rispetto ad altri Paesi europei. Le case di tolleranza erano una realtà consolidata e rappresentavano una fonte di entrate significativa per lo Stato. Ma c’erano anche molte donne che operavano al di fuori di questi luoghi ufficiali, soprattutto nelle regioni meridionali. Questo periodo ha anche visto una serie di normative e divieti curiosi riguardo alla decenza pubblica, evidenziando l’approccio conservatore dell’Italia in materia di moralità.
Una nuova era post-Merlin
La Legge Merlin non solo mirava a porre fine allo sfruttamento della prostituzione, ma rappresentava anche un tentativo di disimpegnare lo Stato dall’essere complice di tale sfruttamento. Nonostante le sue buone intenzioni, l’approvazione della legge suscitò controversie e dibattiti intensi. Tuttavia, questa legge rappresentò solo l’inizio di un cambiamento profondo nei costumi sociali dell’Italia.
La Legge Merlin, infatti, pur essendo focalizzata sulla prostituzione, ha rappresentato un momento cruciale nell’evoluzione dei costumi e delle norme sociali italiane. Mentre negli anni successivi all’approvazione della legge vi furono resistenze e tabù, segnò l’inizio di una nuova era di riconoscimento dei diritti e della dignità delle donne e di una comprensione più ampia delle relazioni umane.
Chi era Lina Merlin?
Nata nel 1887 in Veneto, Lina Merlin crebbe in un contesto di povertà. Angelina (o Lina, come veniva affettuosamente chiamata) riuscì a completare gli studi universitari nel 1914. Durante la Prima Guerra Mondiale, la sua natura pacifista la portò ad avvicinarsi al socialismo. Il suo rifiuto al fascismo la vide arrestata e deportata in Sardegna. Dopo aver lottato come partigiana e antifascista, fondò associazioni di supporto per le donne e i combattenti per la libertà.
La sua partecipazione attiva nella Costituente fu di fondamentale importanza. Non solo fu tra le voci che chiesero l’inserimento della dicitura “senza distinzione di sesso“, ma nel 1948 divenne la prima donna senatrice. Lina si dedicò, durante la sua carriera politica, alla difesa dei diritti femminili.
La Merlin ottenne numerosi successi legislativi, tra cui l’eliminazione della dicitura discriminatoria per le nascite “illegittime”, l’equiparazione tra figli naturali e legittimi e l’abolizione della clausola di nubilato nei contratti di lavoro. Inoltre, si adoperò attivamente in soccorsi umanitari, come nell’alluvione del Polesine.
Una delle sue battaglie più significative fu proprio contro le case chiuse. Nonostante le molteplici critiche, anche all’interno del suo partito, perseguì con determinazione il suo obiettivo. Si racconta che per ottenere il sostegno necessario, dovette minacciare rivelazioni scomode riguardo ai compagni di partito.
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La visione di Lina Merlin sulla prostituzione
Mentre il dibattito sulla prostituzione si intrecciava con pregiudizi e luoghi comuni, Lina manteneva una posizione ferma. In una storica intervista del 1963, rispose alle critiche con frasi incisive, sottolineando l’importanza dell’autonomia delle donne e il rifiuto di qualsiasi forma di sfruttamento.
La legge promossa da Merlin, che regolamentava la prostituzione, cercava di proteggere le donne dall’essere sfruttate, piuttosto che punirle, basandosi su principi fondamentali della Costituzione italiana, garantendo i diritti inviolabili dell’individuo.
La Legge Merlin e la situazione oggi
La legge Merlin avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta per le donne nel campo della prostituzione, fornendo loro la possibilità di esercitare autonomamente la propria professione e cambiare vita se lo desiderassero. Tuttavia, gli sviluppi attuali mostrano una situazione ancora complessa. Le statistiche mostrano che la prostituzione in Italia coinvolge tra le 75.000 e 120.000 donne, con una notevole percentuale di minorenni.
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Cosa dice la Legge Merlin, in sintesi
La Legge 20 febbraio 1958, n. 75, entrata in vigore il 20 settembre dello stesso anno, mirava all’abolizione della regolamentazione della prostituzione e alla lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui in Italia. Andiamo a sintetizzare gli elementi chiave per ciascuno dei tre Capi che costituiscono la legge:
Capo I – Chiusura delle case di prostituzione
Il Capo I ufficializza il divieto dell’esercizio delle case di prostituzione in tutto il territorio italiano e impone la chiusura delle case e luoghi dichiarati in precedenza come locali di “meretricio” entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, ovvero entro 6 mesi dal 20 settembre 1958.
Capitolo sanzioni: la legge prevedeva una pena da 2 a 6 anni di reclusione e multa per chi gestiva, controllava o partecipava all’attività delle case di prostituzione dopo il termine stabilito, nonché per chi reclutava o induceva persone alla prostituzione, per chi tollerava la prostituzione nei propri locali e per chi partecipa allo sfruttamento della prostituzione altrui, anche partecipando a relative associazioni.
Capo II – Patronati e istituti di rieducazione
In questa parte della legge si promuoveva la fondazione degli istituti per la tutela, assistenza e rieducazione delle donne che intendevano uscire dalla prostituzione. Tali istituti hanno ricevuto dei fondi dal bilancio statale ed erano soggetti a vigilanza statale.
Capo III – Disposizioni finali e transitorie
Qui si stabiliva l’istituzione di un Corpo speciale femminile per sostituire la polizia nei servizi del buon costume, prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione. Inoltre, si imponeva l’annullamento dei contratti di locazione riguardanti le case di prostituzione in seguito alla chiusura delle case e si dichiaravano illecite le obbligazioni pecuniarie tra i gestori e le donne delle case di prostituzione.