Il conflitto in Nagorno Karabakh preoccupa le Nazioni Unite, il segretario Guterres chiede la fine immediata dei combattimenti ma Baku non ci sta ed afferma che l’Azerbaigian si fermerà solo quando i separatisti armeni deporranno le armi.

Il Nagorno Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian

Quando nella giornata di ieri è stata avviata l’operazione antiterrorismo, poi tradottasi in un attacco alle forze armene presenti in Nagorno Karabakh, in tanti hanno iniziato a temere lo scoppio di un nuovo conflitto alle porte dell’Europa. La Russia e la Turchia si sono subito proposte nel ruolo di mediatrici tra Baku ed Erevan. Il Cremlino ha chiesto l’immediata cessazione dei combattimenti per evitare inutili spargimenti di sangue, una richiesta che ora arriva anche dalle Nazioni Unite. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha chiesto l’immediata fine dei combattimenti:

“Il segretario generale chiede con la massima forza la fine immediata dei combattimenti, la riduzione dell’escalation e il rispetto più rigoroso del cessate il fuoco del 2020 e dei principi del diritto internazionale umanitario”

“Ci fermiamo se gli armeni depongono le armi”

La condizione per la fine del conflitto, secondo il presidente azerbaigiano Aliev, è che gli armeni separatisti depongano le armi. La più alta carica dell’Azerbaigian avrebbe detto questo al segretario di Stato americano Anthony Blinken nel corso di una telefonata. Il presidente Aliev ha poi spiegato che nella missione antiterrorismo la popolazione civile e le infrastrutture non saranno prese di mira. Aliev ha detto che l’esercito azerbaigiano ha lanciato l’operazione dopo l’uccisione di civili e poliziotti da parte di sabotatori armeni ed ha definito le elezioni presidenziali del 9 settembre una provocazione dei separatisti.

Il bilancio del conflitto

L’offensiva sferrata da Baku ha provocato finora 27 morti, tra cui due civili, e più di 200 feriti. Fonti vicine ai separatisti rivelano che sono stati evacuati circa 7000 residenti e 16 località.

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