Che cos’è la missione Sophia? Il nome di questa operazione è tornato sulla bocca di molti dopo che l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi l’ha citata parlando di un possibile blocco navale a cui sta pensando il governo Meloni per controllare l’elevato numero di migranti (soprattutto irregolari) che arrivano quotidianamente in Italia. Scopriamo di cosa si tratta. Vi anticipiamo subito che tale missione non è nuova, ma fu lanciata per la prima volta nel 2015.

Cos’è missione Sophia per i migranti

Per capire cos’è la missione Sophia dobbiamo tornare indietro di qualche anno. In primo luogo, vi diciamo che si tratta della prima operazione militare di sicurezza marittima europea nel Mar Mediterraneo centrale. Operazione che era stata lanciata nel 2015 ed era terminata a marzo del 2019, ma senza arrivare al completamento finale.

In quell’anno il ministro dell’Interno era Matteo Salvini, mentre alla Farnesina c’era Enzo Moavero Milanesi.  L’attuale presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyene ricopriva invece il ruolo di ministra della Difesa a Berlino.

Oggi se ne torna a parlare perché Piantedosi ha fatto sapere che in Italia potrebbe entrare in vigore un blocco navale per i migranti. Ciò potrebbe avvenire, come ha spiegato il ministro

se si completasse quello che era previsto dalla missione Sophia.

Ma di cosa si tratta esattamente? Come ha ricordato sempre il titolare del Viminale, tale missione si era fermata nella sua fase di realizzazione. Non era mai stata dunque portata veramente a termine. Matteo Piantedosi oggi ha affermato:

All’epoca, la missione ebbe solo l’esito di fare da pull factor. Prevedeva, in accordo con i Paesi di destinazione (nella fattispecie oggi potrebbe essere la Tunisia), la realizzazione di dispositivi congiunti di controllo in mare e restituzione delle persone che partono.

La missione Sophia è una missione navale svolta a livello europeo che ha come obiettivo quello di contrastare le partenze illegali dei migranti e il traffico di esseri umani. Consiste in una serie di attività, di controlli e di monitoraggi per avere un quadro più preciso degli arrivi dal Nord Africa in Italia e nel resto d’Europa.

Come funziona l’operazione? Le 4 fasi

L’operazione Sophia avviata nel giugno del 2015 non era una missione di soccorso. Rientrava però nel grande impegno preso dai membri dell’Unione Europea volto a contrastare l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani. All’epoca se ne era parlato molto in occasione dei disordini e degli squilibri che si stavano verificando in Libia.

La missione, affidata proprio all’Italia, era divisa in quattro fasi. La prima prevedeva la raccolta di informazioni sul modus operandi dei trafficanti di essere umani. La seconda vedeva i controlli e le perquisizioni da fare sulle imbarcazioni sospette sia in acque libiche che in alto mare.

La terza prevedeva la neutralizzazione di tali imbarcazioni e la quarta il salvataggio di tutte le persone in difficoltà nel pieno rispetto dei diritti internazionali dei migranti. Queste ultime due però non furono mai portate a termine.

La missione Sophia di allora si fermò alla fase numero 2. A bloccarla, in Italia fu, tra gli altri, l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini perché sosteneva che le navi delle task force stessero svolgendo ormai solo attività di soccorso e non di contrasto all’immigrazione illegale.

La missione Sophia oggi

Dunque se nelle prossime settimane o nei prossimi mesi questa operazione dovesse essere ripresa dal governo Meloni, si ripartirebbe dalla fase numero 3 e si farebbe in modo (o almeno, questo è l’obiettivo) di bloccare le navi irregolari piuttosto che rappresentare un pull factor, ovvero un elemento di spinta e di incitamento di flussi migratori illegali.

All’epoca la missione non fu rinnovata anche perché Roma si era opposta alle norme europee che prevedevano l’obbligo per i migranti di richiedere asilo nel Paese di primo approdo, dunque l’Italia. Se il Viminale e l’Unione Europea decidessero presto di riprendere in mano tale operazione, anche questo sarà un punto tutt’altro che secondario da discutere e perfezionare.