L’abbandono di Roberto Castelli alla Lega – motivato dal «tradimento della dirigenza» che ha sepolto il programma autonomista e federalista – non sorprende. Che ci siano non pochi malumori nella base della Lega – quella storicamente legata al Nord e alla battaglia sull’autonomia – è infatti noto.

Negli ultimi anni l’evoluzione subita dal partito, nato come Lega Nord e oggi Lega per Salvini Premier, ha comportato l’abbandono di quelle istanze regionalistiche proprie del movimento degli esordi. Da un lato certamente questo questo cambio di passo ha consentito alla Lega di «fare un salto» posizionandosi tra i principali partiti a livello nazionale. Dall’altro lato, tuttavia, si è inevitabilmente determinata una rottura con chi non riconosce nelle tematiche della sicurezza e dell’immigrazione il proprio cavallo di battaglia politica.

Irene Pivetti: “Nella Lega di oggi i temi dell’autonomia e del federalismo sono stati sepolti”

E è proprio a questo dinamiche, dunque, che deve essere ricondotto l’addio di Roberto Castelli alla Lega annunciato ieri.

Una testimonianza plastica dei malumori espressi da Castelli – ma diffusi nella base – è data, peraltro, dalle polemiche interne riguardanti l’invito di Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese con note posizioni centraliste e nazionaliste, sul palco di Pontida. Ma non solo. Lo scontento degli iscritti, infatti, si è fatto sentire anche quest’estate, quando una serie di sindaci del Nord hanno iniziato a protestare contro la redistribuzione dei migranti sul territorio voluta dall’esecutivo a trazione di centrodestra.

Per comprendere cosa sia cambiato nella Lega, allora, la redazione di TAG24 ha raggiunto Irene Pivetti, ex deputata del Carroccio ed ex Presidente della Camera. Seppur lontana da anni dalla politica la Pivetti, nella sua carriera giornalista, conduttrice e imprenditrice – in questa veste indagata in dei procedimenti giudiziari – conosce bene quella Lega che oggi molti ex militanti rimpiangono.

Pivetti, ieri Castelli ha abbandonato la Lega, colpevole di aver abbandonato il programma federalista e autonomista. Lei che ha conosciuto la Lega a cui fa riferimento Castelli, cosa ne pensa?

«Sotto moltissimi punti di vista la Lega di oggi certamente non è la Lega di allora. I temi dell’autonomia e del federalismo sono purtroppo sepolti: l’Italia ha perso quella grande opportunità ormai vent’anni fa. La Lega ha completamente abbandonato queste rivendicazioni da molto tempo. Non parlo degli amministratori locali, ma della linea che a livello centrale si è spostata su posizioni da più tradizionale partito di destra.

A mio giudizio la Lega si è trovata a inseguire la Meloni a destra. Anche in quest’ottica leggo l’invito di Marine Le Pen a Pontida. Ho visto in questa scelta un segno di debolezza e il tentativo di ricerca di un’identità alternativa di destra.

La Lega è invece nata con una sua identità precisa, fondata sulla valorizzazione delle identità culturali. Questa roba però si è un po’ persa, e dunque oggi si va all’inseguimento.

Anche in riferimento al tema dell’immigrazione, c’è da dire che non si sono mai affrontati i nodi strutturali di questo problema, ridotto ai proclami dei porti chiusi e dei porti è aperti. Tra l’altro, nel momento in cui è la destra a gestire questa emergenza, chiaramente per la Lega gli spazi su questo tema si sono ridotti molto.

Per queste ragioni a mio giudizio c’è una fragilità ideologica, nell’accezione del termine “ideologico” positiva di elemento fondante di un progetto politico. Questo indebolimento culturale non nasce oggi, ma sicuramente anche io percepisco un malessere in quella vecchia generazione che ricorda i propositi originali della Lega».

Al di là dei circoli storici che esprimono insoddisfazione, crede che questa Lega funzioni?

«Quella stagione, come dicevo, è oramai finita. Parliamo di un’epoca in cui ci sembrava di vivere tanti problemi, ma a ben vedere l’Italia era ancora un paese autonomo e relativamente felice. Dal governo Monti in poi, diciamo, l’Italia ha vissuto come un paese commissariato. Possiamo decidere sempre meno di noi stessi, abbiamo subito tanto in Europa quanto all’interno dell’Alleanza atlantica.

Il problema oggi non è più allora l’autonomia, un lusso che forse potevamo permetterci negli anni ’90. Oggi il vero tema riguarda la politica estera. Io guardo con molta fiducia a Meloni che, con grande dignità, sta portando in alto il nome dell’Italia nel mondo, o almeno ci sta provando».

Cosa pensa progetto di autonomia portato avanti dal ministro Calderoli,  colui che tra l’altro determinò la sua espulsione alla Lega?

«Al ministro Calderoli auguro un’ottima fortuna, che auguro a tutti coloro che con passione politica portano avanti un disegno.

Io da molti anni sono fuori la politica, dunque posso permettermi di esprimere il mio pensiero lontana da qualsiasi schieramento. Quello che vedo è un’emergenza assoluta in termini di autodeterminazione per l’Italia. L’urgenza è decidere qualcosa che sia nell’interesse del nostro Paese. A mio giudizio, invece, questo aspetto è messo fortemente in discussione. Per questo motivo ammiro la premier che sta, pur nella assoluta garanzia delle scelte di campo, portando avanti l’Italia in questa direzione.

Il vero punto è che noi dobbiamo trovare, all’interno del contesto globale, uno spazio autonomo per poter prendere delle decisioni, dalla politica commerciale a quella infrastrutturale e a quella energetica, e così via dicendo.

Le identità italiane sono tante e sicuramente troveranno modo di affermarsi: purtroppo, però, attualmente questo tema è secondario rispetto a questa emergenza internazionale. Almeno a mio avviso».

Le piacerebbe tornare in politica e, se sì, si immaginerebbe all’interno di questa maggioranza?

«Io oggi faccio politica come ogni cittadino con il suo diritto di opinione. Non cerco assolutamente nient’altro. Tuttavia sono contenta di poter esprimere il mio pensiero».

Lei ha conosciuto anche Forza Italia. Come vede il partito dalla scomparsa di Silvio Berlusconi?

«Non posso permettermi di dare giudizi, non essendo dentro le dinamiche del partito. Sicuramente Berlusconi è stato una grande risorsa. Ora occorrerà vedere come terrà la struttura, ma può darsi faccia meglio di come tanti uccellacci di sventura dicono.

Moltissimo dipenderà dalle scelte che il gruppo dirigente farà in Europa e dalla credibilità che il partito manterrà all’interno del Partito popolare europeo. Se Forza Italia riuscirà a essere aggregante in centro, prendendosi la leadership di questo spazio, allora ci sarà una grande opportunità. Detto questo, il partito è sicuramente più indebolito di prima, ma credo si tratti di un processo iniziato già prima della morte di Silvio Berlusconi».

Lei come sta e di cosa si occupa in questo momento?

«Io collaboro ormai da due anni con una cooperativa sociale con cui portiamo avanti diverse iniziative. Lo scorso anno ci siamo dedicati interamente a far nascere un primo ristorante sociale che oggi sta per diventare una piccola catena.

Nella nostra cooperativa lavorano persone socialmente escluse che oggi hanno una nuova opportunità. Questi ristoranti low cost -non “mense dei poveri”, come qualche sciocco ha scritto – sono luoghi dove tutti si possono recare per passare una bella giornata.

Sono contenta poi di poter dire di aver ripreso le mie relazioni con la Cina che avevo prima del Covid. Seppur con molta più fatica di prima, ci sono dei ragionamenti molto positivi e strategici che si possono fare con quello che rimane un Paese amico importante per la nostra economia. Non è questione di esportare solo le arance o sciocchezze, come qualcuno dice.

Giusto stamattina ero a un convegno della provincia di Hunan nella quale Leonardo costruisce elicotteri. Si capisce dunque come si parli di grandi investimenti di cui occorrerebbe discutere, al di là della tanta disinformazione che si è fatta in questi anni».