Potrà godere di 10 giorni di permesso premio in famiglia, Antonella Conserva, la donna di 48 anni condannata a 24 anni di reclusione per aver preso parte al sequestro e all’omicidio del piccolo Tommy Onofri, morto ad appena 18 mesi nel 2006. A renderlo noto è la Gazzetta di Parma.
Antonella Conserva esce dal carcere in permesso: è stata condannata a 24 anni per l’omicidio del piccolo Tommy
Non è la prima volta che accade: già nel 2020 la donna era uscita temporaneamente dal carcere.
Sono sincera, è stata una doccia fredda – disse in quell’occasione la madre del piccolo Tommy ai giornalisti di News Mediaset -, sapevo che saremmo arrivati a questo momento, però non pensavo che la vita di mio figlio valesse così poco. Antonella Conserva deve fare solo i conti con la propria coscienza se ne ha una, non uscire in permesso premio.
È la legge a consentirglielo, prevedendo la possibilità, per i detenuti che abbiano scontato almeno 14 anni di pena, di ottenere fino a 45 giorni di permesso all’anno.
Bisogna rivedere le norme. Mi sento presa in giro,
aveva aggiunto Paola Pellinghelli, che nel frattempo ha dovuto fare i conti ogni giorno con la scomparsa del figlio. Il 6 settembre dello scorso anno avrebbe compiuto 18 anni. Morì quando aveva appena 18 mesi.
La storia del rapimento di Tommaso Onofri
La storia del suo sequestro inizia una sera di marzo del 2006. Il piccolo Tommy è seduto accanto ai genitori Paolo e Paola e al fratello maggiore Sebastiano, 7 anni, nella sala da pranzo della villa di famiglia a Casalbrancolo, in provincia di Parma. Stanno mangiando quando, improvvisamente, la luce va via: Paolo si alza e si allontana per raggiungere il contatore ma, nel buio, viene respinto da due uomini con il volto coperto che, nel giro di pochi minuti, fanno irruzione nel tinello, minacciano i coniugi di dare loro del denaro e scappano, portando con loro il bambino.
La notizia fa il giro d’Italia e i genitori, sconvolti dall’accaduto, lanciano ai sequestratori ripetuti appelli, chiedendo loro di fare attenzione: Tommy, dicono, è epilettico e ha bisogno di assumere degli specifici farmaci per sopravvivere. Le indagini partono subito serrate. I sospetti degli inquirenti si concentrano, in un primo momento, sul papà del bambino: controllando i suoi dispositivi elettronici si erano imbattuti in del materiale pedopornografico e avevano ipotizzato che potesse entrarci qualcosa con il rapimento del figlio.
Le condanne per il delitto
Non c’entrava niente, lo si scoprirà solo più avanti. A confessare il delitto sarà, infatti, Mario Alessi, uno dei manovali che, qualche tempo prima del sequestro, avevano eseguito in casa Onofri dei lavori di ristrutturazione. Oltre al suo, Alessi fa il nome di un altro pregiudicato, Salvatore Raimondi, e quello della compagna, Antonella Conserva. Tutti e tre, stando a quanto ricostruito in seguito, avrebbero preso parte al rapimento con l’intento di chiedere un riscatto alla famiglia.
Avrebbero ucciso il piccolo Tommy neanche un’ora dopo averlo rapito: piangeva troppo, diranno, volevano metterlo a tacere. Ne avevano nascosto il corpo sotto terra, nei pressi di una discarica del posto. Quando è stato trovato indossava ancora il pigiamino con cui era stato visto dai genitori per l’ultima volta.
Alessi è stato condannato all’ergastolo. Conserva e Raimondi rispettivamente a 24 e 20 anni di reclusione. Paolo Onofri, invece, si è spento il 15 gennaio 2014 dopo essere stato ricoverato in una clinica per sei anni in seguito a un infarto. La mamma e il fratellino di Tommy, Sebastiano, hanno cercato in questi anni di costruirsi una nuova vita. Ma niente potrà mai ridare loro ciò che gli è stato strappato via con tanta crudeltà.