Otto ore di sciopero indette da Fim, Fiom e Uilm, e si ferma la produzione nello stabilimento di Melfi della Stellantis, a cui appartengono Jeep e Chrysler. Lo sciopero interessa anche i lavoratori delle fabbriche dell’indotto di tutto il territorio della provincia di Potenza, con un’adesione attestata dai sindacati tra 90% e 100%, mentre il tasso specificatamente presso la Stellantis ha raggiunto il 25%.

Uno sciopero che segue il precedente americano di tre giorni fa, dove per la prima volta sono state coinvolti tre colossi automobilistici in contemporanea, in tre stabilimenti diversi: General Motors, Ford e Stellantis. Quest’iniziativa senza precedenti negli USA è sorta dal mancato accordo sul rinnovo del contratto. In quel caso sono poi seguite immediate trattative, perché un arresto della produzione per dieci giorni sarebbe costato agli States una stima di 5.8 miliardi di dollari. Simili sembrano le motivazioni dello sciopero a Melfi.

Sciopero Melfi oggi, la nota congiunta rilasciata dai sindacati e le motivazioni

Anche nella cittadina della provincia di Potenza, Fim, Uilm, Fismic e Uglm hanno confermato la volontà di avviare un dialogo concreto e immediato con governo, Regione e Stellantis. Questo il comunicato congiunto, rilasciato nelle scorse ore:

Gli accordi da noi sottoscritti non possono essere oggetto di continui rinvii per responsabilità del governo, della Regione e della stessa Stellantis creando confusione e allarmismi che vanno a snaturare gli accordi da noi sottoscritti con fatica, responsabilità e sacrificio. Pertanto non c’è più tempo da perdere. Fondamentale e non più procrastinabile un incontro sul merito circa la realizzazione di un patto con un progetto regionale sull’auto che deve essere in grado di tutelare il lavoro e i lavoratori.

Quello sulla sicurezza del lavoro in Italia, in particolare, è un dibattito acceso e riaperto dalla tragedia di Brandizzo. Nei primi sette mesi del 2023 sono state 559 le ‘morti bianche’ in Italia, delle quali 430 in occasione di lavoro e 129 in itinere, per una media di 30 persone al mese, senza parlare degli infortuni. Un dato per ora in calo rispetto al 2022, ma comunque preoccupante.

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