I dati diffusi dall’Inps nei giorni scorsi, certificano che le pensioni delle donne sono più basse di quelle degli uomini. Ciò vale sia per le lavoratrici che siano uscite con l’opzione donna, che per le altre che abbiano agganciato un altro canale di pensionamento, anticipato o di vecchiaia. Non sono gli unici dati sulle pensioni da parte dell’Inps che certifica anche un aumento consistente dell’età di uscita delle lavoratrici, come conseguenza dell’applicazione dei rigidi requisiti della riforma Fornero.
Il divario di genere sussiste sia per le pensioni di vecchiaia che per quelle anticipate. Le pensioni medie fruite dalle donne sono nettamente inferiori a quelle degli uomini. Nel periodo tra il 2012 e il 2022, l’Inps certifica un importo medio di 1.800 euro per gli uomini e di 1.300 euro per le lavoratrici. I dati non prendono in esame le pensioni di reversibilità che rappresentano solo una parte della pensione che spetterebbe al defunto. Si tratta, pertanto, di un confronto di quanto si percepisca con il primo assegno di pensionamento.
Pensioni, ecco perché quelle delle donne sono più basse degli assegni degli uomini
Per le donne, l’assegno di pensione è più basso di quello degli uomini. Lo certifica l’Inps nel suo consueto Rapporto annuale nel quale si descrive l’andamento degli importi pensionistici nel decennio tra il 2012 e il 2022. In questo periodo, di media l’importo di pensione delle donne è stato di 1.300 euro, rispetto a quello maschile di 1.800 euro.
Si sottolinea, inoltre, che l’età di pensionamento delle lavoratrici nell’anno 2022 ha superato quella dei lavoratori. Si tratta di un dato fondamentale per descrivere l’andamento degli effetti della riforma Fornero nei dieci anni successivi alla sua introduzione. Il dato, nuovo, consente di verificare che gli uomini sono andati in pensione, di media, a 62 anni e due mesi, mentre le donne a 64 anni e sette mesi.
Pensione anticipata, qual è la situazione dopo la riforma Fornero?
Dieci anni fa, la situazione previdenziale era opposta. Gli uomini andavano in pensione a un’età più alta rispetto a quella delle lavoratrici. A tal proposito, si ricorda che l’età media nel 2012 di uscita degli uomini era di 62 anni contro i 61 anni e tre mesi delle donne, differenza accentuata nel suo massimo nel 2014 con uscita a 64 anni e tre mesi per i lavoratori e a 61 anni e quattro mesi, prima che l’età di uscita delle donna aumentasse vertiginosamente fino a pareggiare quella degli uomini. Ciò riguarda i requisiti di pensionamento richiesti per andare in pensione: nel 2011 i lavoratori andavano in pensione ad almeno 65 anni e le donne a 61.
Con la legge Fornero di fine del 2011 e operatività dal 2012, i requisiti anagrafici di uscita di uomini e donne sono stati progressivamente messi sullo stesso livello. Contemporaneamente, è stata introdotta la pensione anticipata di soli contributi che prevede un solo anno di differenza tra gli uomini (42 anni e dieci anni di versamenti, attualmente) e le donne (41 anni e dieci mesi).
Pensioni donne più basse e uscita dal lavoro dopo
La differenza di importo delle pensioni tra uomini e donne sono spiegate dalle carriere discontinue delle lavoratrici rispetto a quella dei lavoratori. Le donne hanno difficoltà a raggiungere il requisito dei 41 anni e dieci mesi di contributi per la pensione anticipata. Perciò sono costrette a continuare a lavorare fino a raggiungere il requisito richiesto per la pensione di vecchiaia.
Gli uomini, invece, con carriere continue e iniziate in anni relativamente precoci, possono ritirarsi dal lavoro prima, con formule di anticipo che ne abbassano l’età di uscita. Il risultato, quindi, è stato questo superamento donne nell’età di uscita successiva a quella degli uomini, andamento già iniziato dal 2020 per via delle varie quote, tra le quali la quota 100.