Sulle pensioni, Giorgia Meloni sceglie la linea della prudenza. La premier non accontenta la Lega su Quota 41 per tutti e nemmeno Forza Italia sulle pensioni minime a 1000 euro.

Riforma pensioni 2024, niente Quota 41 per tutti e minime a 1000 euro

La futura legge di bilancio punterà ad affrontare il tema delle pensioni, considerato centrale come ogni anno. Tuttavia, a causa delle limitate risorse disponibili, alcune misure promesse dai partiti di maggioranza nel loro programma elettorale dovranno essere rinviare. Ad esempio, la Lega con la sua proposta di Quota 41 e Forza Italia con l’aumento delle pensioni minime a mille euro non potranno essere attuate entro il 2024. Tuttavia, sono previste una serie di rivalutazioni e conguagli per il prossimo anno.

Anche per il prossimo anno, ci sarà una rivalutazione delle pensioni in base all’aumento del costo della vita. I cambiamenti nei prezzi vengono monitorati dall’Istat e influiscono sull’importo delle pensioni: a partire da gennaio 2023, ad esempio, c’è stato un adeguamento in base all’inflazione del 7,3%. L’adeguamento per il prossimo anno sarà stabilito entro il 20 novembre 2023 e sarà un decreto del ministero dell’Economia a specificare la variazione per l’adeguamento delle pensioni.

Per quanto riguarda le altre misure, Quota 103 dovrebbe essere confermata per l’intero prossimo anno. Questa misura consente il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi e 62 anni di età. Sebbene la Lega abbia cercato di modificarla eliminando il requisito dell’età, ciò richiederebbe un’ingente somma di denaro dallo Stato, che non è sostenibile.

Opzione Donna a 58 anni?

Una novità riguarda la possibilità di riproporre o, addirittura, rendere più attrattiva l’Opzione Donna. Oltre ai requisiti di età e contribuzione, nel 2023 sono stati aggiunti dei vincoli relativi alle tre categorie di appartenenza (caregiver, invalide dal 74%, lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi). Oltre ai requisiti anagrafici e contributivi (35 anni di contributi ottenuti entro il 31 dicembre 2023), la versione 2023 richiede anche un “stato soggettivo” che la lavoratrice deve possedere al momento della richiesta: svolgere assistenza per almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado o affine convivente con disabilità grave; o avere un’invalidità civile di almeno il 74%; o essere licenziate o dipendenti da aziende in crisi.

Cgil, Cisl e Uil chiedono di eliminarli, tornando alla “vecchia” Opzione Donna. In questo caso, le lavoratrici potrebbero ritirarsi avendo accumulato 35 anni di contributi e 58 o 59 anni di età (rispettivamente per dipendenti e autonome) entro il 31 dicembre 2023. Sempre con calcolo basato esclusivamente sui contributi versati. Tuttavia, le risorse per questa manovra economica sono limitate e sembra difficile trovare un accordo su questa proposta.