In provincia di Treviso maxi sequestro da parte della Guardia di Finanza ai danni di 4 aziende irregolari. Erano ditte “apri e chiudi“, che producevano vestiti in condizioni igieniche e di sicurezza non a norma. I finanzieri hanno quantificato un danno per il Fisco italiano di circa 1,2 milioni di euro. Chiusa anche un’azienda che sversava illegalmente rifiuti.
L’operazione della Guardia di Finanza oggi a Treviso
Le aziende coinvolte sono un calzaturificio e tre ditte tessili che si trovano in provincia di Treviso, e più precisamente a Caerano di San Marco, Cornuda e Volpago del Montello. I reati contestati ai proprietari delle aziende, tutti stranieri, sono legati alla mancanza di indicazioni sulle vie di fuga, di luci di sicurezza in prossimità delle porte di emergenza, di estintori portatili e della cartellonistica che indica la loro posizione. Inoltre, i macchinari industriali usati non avevano la documentazione completa e non esisteva alcun referente per il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
I finanzieri del Gruppo di Treviso e della Tenenza di Montebelluna hanno quindi proceduto al sequestro d’urgenza di macchinari e locali, azione convalidata dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Treviso. Queste 4 aziende lavoravano su commesse di altre aziende che hanno basa sul territorio trevigiano, probabilmente desiderose di abbattere molti costi produttivi ed avvantaggiarsi impropriamente sui concorrenti.
Le precarie condizioni di igiene e la scarsa attenzione nello smaltimento dei rifiuti erano un perfetto combustibile per possibili gravi incendi come di ferimenti per i lavoratori, anche loro in posizione irregolare. Le 4 aziende colpire hanno truffato all’Agenzia per le Entrate 1,2 milioni di euro dal 2010: i finanzieri nel sequestro di oggi hanno scoperto che, per evitare sanzioni tributarie, i proprietari delle aziende morose trasferivano macchinari e dipendenti ad altre ragioni sociali con una nuova partita IVA.
Infine, il calzaturificio di Cornudo a cui è stato contestato lo sversamento illegale di rifiuti trattava irregolarmente 20 metri cubi di scarti di lavorazione, bruciati senza alcuna autorizzazione. In quest’azienda un lavoratore era senza permesso di soggiorno, circostanza che è costata al datore di lavoro una denuncia per sfruttamento di manodopera clandestina.
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