Resta alta la tensione in Iran a un anno dalla morte di Mahsa Amini, la giovane di origine curda tragicamente deceduta dopo essere stata fermata dalla polizia morale di Teheran per non aver indossato correttamente l’hijab. In questo contesto, è esploso nuovamente il malcontento popolare, nonostante le restrizioni e gli arresti di massa. Graffiti e striscioni contro il regime iraniano hanno fatto la loro comparsa a Teheran, mentre le strade di Zahedan hanno risuonato di slogan contro la Guida suprema Ali Khamenei.

Mahsa Amini, un anno dopo la morte, è ancora simbolo delle proteste in Iran

L’imam sunnita della moschea di Zahedan, nella provincia del Sistan Baluchistan, ha dedicato un sermone alla memoria di Mahsa e alle proteste che sono scoppiate dopo la sua morte, con un bilancio tragico di oltre 500 morti e più di 20mila arresti. La diretta del suo discorso è stata persino censurata con il blocco temporaneo dell’accesso a internet, ma ciò non ha impedito a centinaia di persone di marciare per le strade, gridando slogan di protesta.

Le parole “Non dimenticheremo il massacro di Zahedan” risuonano ancora, riferendosi al “venerdì di sangue” del 30 settembre 2022, quando scontri violenti hanno provocato la morte di quattro agenti e circa un centinaio di manifestanti. La rivolta per Mahsa, con il suo grido “donna, vita e libertà”, ha continuato a infiammare le città del Paese, specialmente a Zahedan, dove le dimostrazioni sono diventate un rituale settimanale quasi ogni venerdì dopo la preghiera islamica.

La Repubblica islamica teme che in occasione di questo anniversario le proteste possano riaccendersi in tutto il Paese. Nell’ultima settimana sono già stati arrestati circa trenta attivisti, mentre le misure di sicurezza sono state notevolmente intensificate nelle principali città, compresa Teheran. Striscioni a favore di Mahsa sono stati appesi a cavalcavia, e attivisti hanno scritto messaggi di protesta contro il regime sui muri delle case.

La provincia del Kurdistan iraniano è particolarmente militarizzata, con minacce di aprire il fuoco se ci fossero proteste. A Saqqez, la città natale di Mahsa, gli alberghi non accettano ospiti da fuori e la tomba della giovane è sorvegliata costantemente. La sua famiglia ha subito pressioni per evitare cerimonie nell’anniversario, e il padre, Amjad, è sotto stretta sorveglianza.

Questi nuovi sviluppi rischiano di peggiorare ulteriormente il rapporto tra l’Iran e l’Occidente. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Unione Europea hanno annunciato nuove sanzioni contro l’Iran in risposta alla repressione delle proteste. Il presidente americano Joe Biden ha elogiato il coraggio dei cittadini iraniani che chiedono pacificamente democrazia e diritti fondamentali, definendo il movimento di contestazione “storico”.

Il dibattito sulla situazione in Iran si è intensificato anche all’interno del paese. Mentre le proteste erano iniziate contro l’obbligo del velo per le donne, ora la discussione riguarda anche la riforma dell’intera Repubblica Islamica, inclusa la posizione del Consiglio dei Guardiani. Quest’organo, nominato direttamente dalla Guida Suprema Ali Khamenei, ha il potere di veto sulle candidature alle elezioni, il che lo rende un ostacolo alla democrazia in Iran.

Anche tra i conservatori iraniani ci sono divisioni, con alcune correnti che riconoscono la necessità di riforme per rendere il sistema più flessibile.