In fase di stipula del contratto di lavoro, si può prevedere un periodo di prova, chiamato anche patto di prova, al fine di verificare le capacità del lavoratore e la convenienza alla prosecuzione del rapporto.

Non si tratta di un periodo funzionale solo al datore di lavoro, ma anche allo stesso lavoratore, che valuterà la propria reale attitudine all’impiego.

Spieghiamo, nel testo, quando e per quali contratti di lavoro è previsto il periodo di prova, come viene stabilita la durata e cosa succede in caso del suo mancato superamento.

Lavoro con periodo di prova, di cosa si tratta

Il periodo di prova è una fase iniziale del rapporto di lavoro che può essere previsto nell’ambito tutti i lavori subordinati. Si può prevedere questa fase anche nei contratti con giornalisti, domestici, dirigenti e lavoratori invalidi, che vengono assunti in base al sistema delle categorie protette.

In alcuni contratti di lavoro, la direttiva dell’UE 2019/1152 ha introdotto misure e vincoli più restrittivi in relazione al periodo di prova. Nello specifico, la direttiva ha previsto che il periodo diventi proporzionale alla durata del contratto, oltre che alla natura dell’attività da svolgere. Il nostro ordinamento, ha recepito le indicazioni della direttiva UE, nel Dlgs n. 104/2022.

Solitamente, si prevede una durata massima della prova pari a sei mesi per tutti i lavoratori e pari a tre mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive.

Si deve fare riferimento ai singoli contratti collettivi di lavoro che stabiliscono la durata del periodo entro i limiti di legge.

Quando si applica e quanto dura

Il periodo di prova si deve siglare contestualmente alla stipula del contratto di lavoro e prima dell’esecuzione dello stesso. Se il patto viene stipulato successivamente, allora è nullo e il rapporto lavorativo assume subito carattere definitivo.

Sono chiamati alla sottoscrizione entrambe le parti coinvolte nel contratto: il datore di lavoro e il lavoratore. Anche in questo caso, se il patto non viene scritto e sottoscritto da entrambi, allora viene considerato nullo.

La clausola deve contenere l’indicazione delle precise mansioni affidate al lavoratore. Egli deve, infatti, impegnarsi a seguire un programma e dimostrare al datore d lavoro le proprie abilità e attitudini all’impiego. Il datore di lavoro, al termine della prova, esprime la propria valutazione.

L’indicazione è obbligatoria e in sua assenza il patto viene considerato nullo, a prescindere dal livello contrattuale e dalla mansione. Quanto deve durare la prova? Nel contratto individuale, i termini previsti dalla contrattazione collettiva possono essere ridotti. In alcune circostanze, i contratti collettivi possono anche escludere la possibilità di prorogare la durata fissata.

Per quanto riguarda le ipotesi di sospensione del periodo di prova, alcuni contratti di lavoro possono prevederli nel caso di malattia, gravidanza oppure infortunio.

Cosa succede al termine della prova

Una volta terminato il periodo di prova, entrambe le parti possono decidere di recedere dal contratto oppure continuare il rapporto di lavoro.
Nel secondo caso, è sufficiente che l’attività di lavoro prosegua normalmente. Per comunicare il recesso, invece, le parti non sono obbligate ad utilizzate la forma scritta. Il recesso, però, deve essere coerente con la causa del contratto e il lavoratore può contestare che non sia stato determinato con modalità adeguate.

Cosa succede in caso di mancato superamento del periodo di prova? In caso di mancato superamento, si può impugnare il licenziamento senza rispettare il termine di decadenza di 60 giorni previsto dalla legge.

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