Non si arresta la strage delle morti sul lavoro. Secondo i dati dell’Inail, nel primo semestre di questo 2023 in Italia ci sono stati più di 559 i morti sul posto di lavoro. Si tratta di una stima spaventosa, che purtroppo potrebbe nascondere una realtà ancora ben più preoccupante non denunciata a causa della diffusione nel Paese del lavoro irregolare e in nero.

A testimoniare la gravità dei dati, c’è anche il monitoraggio effettuato da USB e Rete Iside Onlus per il quale, dal primo gennaio 2023, sono state contate ben 802 morti bianche. Una media, dunque, di circa tre lavoratori al giorno deceduti sul luogo di lavoro.

Per combattere questa strage le due realtà si sono unite, insieme a ManifestA e Potere al Popolo, nel Comitato Stop Omicidi Sul Lavoro per promuovere una raccolta firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare che introduca il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro.

Della Porta: “In Italia nel 2023 tre morti al giorno sul posto di lavoro. Per questo presentiamo una legge”

Il tema delle morti sul lavoro in Italia è tornato in vetta alle cronache in questi giorni dopo la tragedia di Brandizzo, costata la vita a cinque operai lo scorso 30 agosto. Quanto accaduto a Brandizzo, tuttavia, non è un’eccezione: stando ai dati, infatti, quella che si consuma quotidianamente in Italia è una vera e propria strage.

Proprio per questo, stanche di attendere la politica, diverse associazioni e sigle sindacali si sono riunite nel Comitato Stop Omicidi sul Lavoro con l’obiettivo di portare in Parlamento una nuova legge che introduca il reato di omicidio e lesioni gravissime sul lavoro. La redazione di TAG24 ha approfondito la proposta con Cinzia Della Porta, presidente di Rete Iside Onlus e membro del Comitato promotore della legge.

Della Porta, ci racconta come nasce il Comitato Stop Omicidi sul lavoro?

«Il comitato nasce per rispondere alla strage delle morti sul lavoro in Italia. Secondo i nostri dati, solo quest’anno nel nostro Paese sono morte più di mille persone. Siccome noi di Iside onlus e USB ci occupiamo del problema da tempo, abbiamo deciso di usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per presentare una legge di iniziativa popolare. Il risultato è un testo che, ispirandosi al reato di omicidio per incidente stradale, introduce il reato di “omicidio e lesioni gravi o gravissime sul posto di lavoro”.

Su questo tema specifico, in realtà, nella scorsa legislatura avevamo già presentato una proposta alla Camera dei deputati con il gruppo parlamentare Manifesta. L’obiettivo della nostra legge è rafforzare il sistema degli obblighi, le sanzioni e le pene, sia per il reato di omicidio che per il reato di lesioni gravi.

Quello che chiediamo è un aumento rilevante delle pene per le violazioni degli obblighi imposti dalla legge 81/08. Anche perché in Italia abbiamo chiaramente un problema di un’inadeguata applicazione delle leggi che ci sono per la sicurezza sul lavoro. Molti episodi, recenti e meno recenti, ci raccontano di morti dovute a scelte ben precise fatte dalle aziende in tema di sicurezza.

Il caso di Luana D’Orazio, con la cui mamma abbiamo fatto diverse conferenze stampa, è in questo senso emblematico. La morte di Luana è avvenuta perché dal macchinario erano state levati i sistemi di sicurezza. Questo, purtroppo, non è un caso isolato. Troppo spesso non si applicano le leggi che dovrebbero regolare la sicurezza sul luogo di lavoro. La sua storia dimostra, inoltre, come non ci siano pene adeguate per questi gravissimi reati: il datore di lavoro di Luana ha patteggiato un anno e sei mesi».

Voi ritenete che il decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 non costituisca, dunque, un fattore di deterrenza nei confronti dei responsabili di questi reati?

«Nel momento il cui il datore di lavoro non applica il decreto non trova una pena adeguata nell’inadempienza. La nostra proposta di legge interviene invece su questo elemento. La sicurezza è indubbiamente un costo elevato che che spesso si preferisce non affrontare siccome non si incorre in chissà quale pena. Ecco perché, tra il sostenere degli elevati costi e affrontare un rischio, molti preferiscono la seconda opzione».

Perché la politica, nonostante i proclami, non interviene fermamente per fermare questa strage?

«Perché in questo Paese gli interessi sono decisamente altri. Purtroppo la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini non è al primo posto nelle cose che contano. La nostra legge di iniziativa popolare si propone ovviamente l’obiettivo di portare la legge in Parlamento, ma non solo.

Ciò che vogliamo con la nostra campagna è portare attenzione sul tema, fare in modo che se ne parli e si diffonda consapevolezza. Vogliamo parlare di lavoro sottolineando anche la precarietà crescente dei lavoratori e del peggioramento delle condizioni nei luoghi di lavoro».

Come organizzerete la vostra campagna?

«Saremo nelle piazze, nei mercati e nei luoghi di lavoro con i nostri banchetti per raccogliere le firme. La nostra organizzazione, a partire dal Comitato promotore, ci permette di strutturarci in ogni provincia. Stiamo organizzando diverse iniziative pubbliche per favore il dibattito sul tema, cercando di coinvolgere più realtà sociali possibili.

La nostra campagna è estremamente rilevante per la società e ogni giorno purtroppo assume sempre più significato, dato che ogni mattina ci svegliamo con dei numeri da strage. Per questo abbiamo bisogno anche della stampa, che ha la possibilità di dare visibilità alla nostra istanza aiutandoci a raggiungere l’obiettivo delle 50mila firme. A questo proposito, inoltre, ci tengo a sottolineare come dal 4 settembre scorso la petizione possa essere firmata anche online, sul nostro sito leggeomicidiosullavoro.it. In questo modo tutti potranno partecipare, anche chi non incontra un nostro banchetto».