L’Agenzia delle entrate ha fornito i chiarimenti su quale tassazione si deve applicare al lavoratore italiano distaccato all’estero, in risposta ad un interpello.
In rispetto delle condizioni previste, si può utilizzare la retribuzione convenzionale. I requisiti sono relativi a diversi aspetti. Nella risposta all’interpello n 428, del 12 settembre 2023, l’Agenzia delle entrate elenca quali sono tutte le condizioni che bisogna rispettare per l’applicazione della tassazione indicata.
Quale tassazione indicare?
Lavoratore distaccato all’estero, ecco quale tassazione applicare
L’Agenzia delle entrate ha risposto all’interpello n. 428 del 12 settembre 2023, fornendo tutti i chiarimenti necessari ad una questione molto interessante posta da un istante: quale tassazione si deve applicare ai lavoratori distaccati all’estero?
L’istante, una società di un gruppo multinazionale, ha distaccato un proprio dipendente all’estero per il 2022 e il 2023.
Per l’anno 2022, specifica l’istante, il lavoratore si considera fiscalmente residente in Italia perché, come si legge nell’interpello:
“[…] stante la circostanza per cui ha mantenuto, nel territorio dello Stato, la propria famiglia (moglie e due figli)”.
Qual è il quesito posto dall’istante? Si domanda se ci sia o meno la possibilità di applicare una retribuzione convenzionale per il lavorato dipendente prestato all’estero, anche nel caso di trasferte, di natura occasionale, in Italia.
Si fa presente che le retribuzioni convenzionali vengono stabilite entro il 31 gennaio di ciascun anno e non sono inferiori alle retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva di categoria.
In questi casi, il lavoratore dipendente continua ad essere considerato residente in Italia e il reddito si può assoggettare alla tassazione con riferimento alla retribuzione convenzionale.
Quali sono le condizioni da rispettare
Affinché possa trovare applicazione la retribuzione convenzionale stabilita dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si devono rispettare le seguenti condizioni:
- Il lavoratore dipendente deve essere inquadrato in una delle categorie per cui il citato decreto fissa la retribuzione convenzionale;
- Il lavoratore deve soggiornare all’estero per più di 183 giorni;
- Il lavoro deve essere svolto all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
- L’attività lavorativa svolta all’estero deve essere l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro: l’esecuzione deve essere svolta integralmente all’estero.
Quali sono i requisiti per la tassazione sulla retribuzione convenzionale
Spieghiamo, adesso, tutte e quattro le condizioni indicate poc’anzi. Partiamo dall’inquadramento del lavoratore. Se non viene inquadrato in una delle categorie indicate nel decreto, allora si tratta di motivo che esclude l’applicazione del regime agevolato.
L’attività lavorativa deve essere svolta come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro. Ciò vuol dire che si deve stipulare in contratto specifico e il dipendente deve essere collocato in uno speciale ruolo estero. Inoltre, l’attività lavorativa deve essere svolta integralmente all’estero.
Come abbiamo detto, inoltre, si devono superare i 183 giorni di lavoro all’estero, nei dodici mesi di soggiorno. Il periodo di dodici mesi non deve coincidere con un periodo di imposta, ma la permanenza può essere prevista anche a cavallo di due anni solari.
Nel conteggio dei giorni lavorativi devono essere sempre compresi:
- Ferie;
- Riposi;
- Festività;
- Altri giorni non lavorativi.
Tali periodi devono essere compresi indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi.
Pertanto, l’Agenzia delle entrate, nella risposta all’interpello, chiarisce quanto segue:
“Conseguentemente, fermo restando la prestazione dell’attività lavorativa all’estero per un periodo superiore a 183 giorni l’anno e nel presupposto che, come dichiarato dall’Istante, siano rispettate tutte le altre condizioni previste dalla disposizione in commento, si ritiene che, nel caso di specie, il reddito possa essere determinato ai sensi dell’articolo 51, comma 8bis, del Tuir”.
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