Potrebbe esserci una questione religiosa dietro l’omicidio-suicidio che a Firenze ha strappato alla vita due migranti di 36 e 33 anni. Gli inquirenti che lavorano al caso avrebbero infatti escluso un litigio di tipo personale, legato, come si era ipotizzato all’inizio, alla visione di immagini o video offensivi riguardanti la sorella del killer. A riportarlo è La Nazione, che fa il punto sulle indagini.
L’ipotesi della questione religiosa dietro l’omicidio-suicidio di Firenze
A scatenare la furia di Farhad Pazhwak, il 36enne di origine afghana che lo scorso 7 settembre ha ucciso a coltellate il connazionale Arif Sadat Sayed, 33 anni, nelle sale di un centro di accoglienza di Firenze, potrebbe essere stata la visione di un file dal contenuto religioso. E non, come era stato ipotizzato all’inizio, quella di video e immagini offensive riguardanti la sorella, calciatrice di professione sfuggita al regime dei talebani.
Lo hanno ricostruito gli inquirenti passando al setaccio i telefoni e gli altri device elettronici sequestrati ai due migranti dopo il delitto. Al loro interno si nasconderebbe il movente dell’omicidio-suicidio: qualcosa che avrebbe urtato la sensibilità del killer al punto di spingerlo ad uccidere. Cosa, con certezza, ancora non si sa.
Dopo l’omicidio il 36enne si era tolto la vita: aveva rivolto contro di sé lo stesso coltello usato per uccidere la vittima, tagliandosi la gola. Poi si era buttato dal terrazzo della struttura sulla Cassia di cui entrambi erano ospiti, morendo sul colpo. Nessuno se lo aspettava: arrivati in Italia alla ricerca di un futuro migliore, tutti e due si erano integrati abbastanza facilmente. E sembra anche che fossero amici, oltre che vicini di stanza.
La reazione dei conoscenti
È stato un fulmine a ciel sereno, non ce lo aspettavamo, la situazione è sempre stata tranquilla e gli ospiti non ci hanno mai dato problemi,
ha dichiarato ai quotidiani locali una delle operatrici del centro, presente al momento dei fatti.
Ero sicuro che non ci fosse di mezzo la sorella calciatrice, sono davvero senza parole per quello che è accaduto,
ha commentato invece ai microfoni de La Nazione una fonte vicina ai due, commentando gli ultimi sviluppi del caso.
Il caso in provincia di Trapani
Si sono tenuti ieri, in provincia di Trapani, i funerali di Marisa Leo, la 39enne uccisa a colpi di fucile dall’ex compagno Angelo Reina in una zona di campagna tra Marsala e Mazara del Vallo, in Sicilia. Un delitto premeditato, secondo gli inquirenti che lavorano al caso: l’uomo, 42 anni, lo avrebbe messo in atto perché incapace di superare la fine della relazione con la madre di sua figlia.
Da un po’ aveva iniziato a seguirla, facendola pedinare anche da un investigatore privato al quale aveva raccontato che stavano ancora insieme. Una settimana prima del delitto aveva noleggiato un’auto. La stessa con cui poi si recato nei pressi dell’azienda vivaistica di famiglia, dove aveva dato appuntamento all’ex con la scusa di portarle la bambina, che invece era stata affidata ai nonni.
Anche lui, come il killer di Firenze, dopo l’omicidio è morto suicida: si è ucciso, dopo essere salito su un viadotto, sparandosi con una pistola e precipitando da oltre cinquanta metri di altezza.
Mi trovo qui, come voi, per condividere lo strazio di una situazione che ci supera da tutte le parti e ci fa piangere lacrime amare, resa ancora più cruda e più triste se guardiamo negli occhi della piccola bimba privata dai legami fondamentali della vita,
ha detto in un passaggio dell’omelia il vescovo che ha celebrato le esequie. In tanti hanno voluto dare l’ultimo saluto alla donna.