C’è un indagato per l’omicidio del professor Giorgio Dino Montanari, il primario della clinica ostetrico ginecologica del Policlino di Modena ucciso a colpi di pistola nel lontano 1981. Stando a quanto riporta il Resto del Carlino, nel caso, le cui indagini sono state riaperte da poco dopo diverse archiviazioni, potrebbe essere coinvolto il papà di un bimbo di cui l’equipe del medico aveva curato il parto, nato con delle gravi lesioni.

Omicidio del professor Montanari a Modena: c’è un indagato

L’uomo è stato iscritto nel registro degli indagati. Secondo la Procura che si sta occupando delle indagini potrebbe aver ucciso il professore per vendicarsi, avendo ritenuto lui e gli altri sanitari che avevano seguito il parto della moglie colpevoli delle lesioni (permanenti) riportate dal figlio. Una storia che, già all’epoca dell’omicidio, aveva attirato i sospetti degli inquirenti e che ora sarebbe tornata alla luce dopo l’audizione di diverse persone informate sui fatti. Persone che, come Montanari, lavoravano all’interno della clinica ed erano a conoscenza delle cartelle cliniche dei pazienti.

I fatti risalgono alla sera dell’8 gennaio 1981. Il primario aveva 51 anni. Fu raggiunto da sette colpi di arma da fuoco, una pistola calibro 45, poco dopo aver messo in moto il suo Maggiolino: stava rientrando a casa dopo una lunga giornata trascorsa in ospedale. I primi sospetti si concentrarono sull’ambiente professionale: in Italia erano gli anni delle battiglie pro e anti-abortiste, che dividevano l’opinione pubblica e i professionisti del settore.

Montanari, che era a capo della clinica ostetrico ginecologica più famosa di Modena, aveva deciso di lasciare ai suoi colleghi libertà di coscienza: una scelta che in molti, per i corridoi, criticavano. E che l’aveva esposto anche a lettere di minaccia.

Sapevo quanto lui fosse osteggiato da molti colleghi – aveva raccontato la moglie, Anna Ponti, in occasione del 40esimo anniversario della morte -. Era scomodo. Difendeva i diritti delle donne e tanti all’epoca si sentivano ostacolati dalle sue posizioni moderne e progressiste. Era d’intralcio e ingombrante per le partite di potere che si giocavano in clinica. Andava tolto di mezzo, e così è successo.

Una pista possibile, ma che non aveva mai portato da nessuna parte.

Gli ultimi sviluppi del caso

Nel 1991, dopo svariati buchi nell’acqua, le indagini, quindi, erano state chiuse. Erano state riaperte nel 2020 dopo il ritrovamento di un’arma ritenuta simile a quella usata per commettere l’omicidio ma, anche il quel caso, tutto si concluse con un nulla di fatto. Nel 2023, a 42 anni dal delitto, si è tornati ad indagare.

E per la prima volta dopo tanti anni si è arrivati a un nome, quello del papà di Modena. Contro cui, comunque, non ci sarebbero abbastanza indizi di colpevolezza.

Mio marito era uno scienziato ed è morto ammazzato a cinquant’anni. Io ne ho 90 (ora 93, ndr), ma sono ancora intenzionata a inchiodare il colpevole – aveva ribadito la moglie -. Quantomeno il caso non deve, non può, essere archiviato. Tanto più se gli spunti investigativi non mancano.

Non mancano, è vero. Per questo gli inquirenti hanno deciso di continuare a scavare nel passato dell’uomo che si sospetta essere coinvolto nel caso: incastrarlo potrebbe essere l’ultima chance di scrivere la parola “fine” a una storia che, nonostante lo scorrere del tempo, non ha mai trovato, finora, la giustizia che meritava. E di dare un po’ di pace ai familiari della vittima, che fin dall’inizio si battono per portare a galla la verità nonostante le avversità.

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