Sarà rafforzata la scorta a protezione di Tiziana Ronzio, presidente dell’associazione Tor Più Bella che da anni lotta per la rinascita di Tor Bella Monaca, la frazione di Roma capitale situata nel quadrante sud-est della città che da anni vive in una situazione di profondo degrado in balia di organizzazioni criminali dedite allo spaccio e alla violenza.
Un gruppo di donne, guidate dalla Ronzio, vogliono però cambiare il corso delle cose: per questo da anni si impegnano attivamente per riportare la legalità e il decoro, dando nuova vita a spazi abbandonati che meritano di ritrovare bellezza.
Tiziana Ronzio: “La protezione rafforzata significa che c’è attenzione su quanto succede qui a Tor Bella Monaca”
Il rafforzamento della scorta a Tiziana Ronzio, la presidente dell’associazione Tor Più Bella, arriva dopo i gravissimi episodi che nelle ultime settimane sono avvenuti a Tor Bella Monaca. Solo il 29 agosto scorso, infatti, un ragazzo ha tentato di investire durante una marcia per la legalità Don Coluccia, il prete che da anni si batte contro lo spaccio nelle piazze romane.
L’aggressione a don Antonio, fortunatamente sventata, ha riacceso l’attenzione verso la difficile quotidianità che vivono i residenti del quartiere popolare alla periferia di Roma. Anche perché, purtroppo, nel giro di pochi giorni ulteriori gravi fatti si sono verificati.
Solo sabato scorso, è stato rotto il braccio a una donna che, insieme a un gruppo di volontari, si stava dedicando alla pulizia del quartiere. Ieri, infine, un uomo è stato pestato a sangue ed è in condizioni gravissime.
La redazione di TAG24 ha così raggiunto Tiziana Ronzio che, in questa intervista esclusiva, ha raccontato dell’aria che si respira in quartiere dopo gli ultimi fatti e parlato dell’ulteriore protezione che le è stata assegnata.
Tiziana Ronzio, innanzitutto come sta?
«Insomma, confusa. Non so neanche io cosa pensare. Una parte di me è contenta perché, se la protezione è stata decisa, vuol dire che i fatti non positivi accaduti hanno avuto l’attenzione che meritavano. Chi vive in questo quartiere, nelle sue strade e nei suoi marciapiedi, si rende conto di quello che sta accadendo. Tutti hanno capito che se si alza l’allerta vuol dire che c’è un’attenzione che è positiva.
Dall’altra parte, tuttavia, viene da chiedersi cosa stia succedendo. Credo che però piano piano tutto si sistemerà. Dopo un momento di sbandamento capiremo come ci dovremo rapportare a questa novità».
Che aria ha respirato il quartiere dopo l’aggressione a Don Coluccia? Lei come si è sentita?
«Quel giorno ci eravamo visti con Don Coluccia. Mentre ci stavamo salutando, io gli ho detto: “stai attento, oggi non è aria“. Lui mi ha rassicurato e se ne è andato. Quando ho saputo cosa era accaduto non potevo crederci.
Non so come spiegare la percezione che avevo avuto, ma posso dire che è stata qualcosa di concreto. La cosa peggiore è che alcuni possono pensare che la mia sia un’esagerazione, ma non è così: quel giorno ho percepito che c’era qualcosa di strano nell’aria. So che può essere difficile da capire, ma io vivo qua, conosco le dinamiche che ci sono. E infatti qualcosa di molto grave è accaduto».
Anche sabato una volontaria intenta a pulire le strade con voi è stata aggredita violentemente.
«Si rende conto? Noi stavamo pulendo la strada e loro sono arrivati a minacciarci e a dirci che ce ne dovevamo andare, che avremmo dovuto chiedere il permesso. Ma il permesso di chi? Questa è casa nostra, non la vostra. Di tutta risposta questo pazzo ha tirato una bottiglia addosso alla signora, ferendole e rompendole il braccio».
L’aggressione è avvenuta davanti a tutti: questo racconta molto di come queste persone si sentano impunite.
«Sono impuniti perché per anni hanno fatto quello che volevano. E ancora oggi continuano a farlo. La legge fa quello che deve fare, ma questi poi tornano tutti fuori e si ripresentano proprio dove hanno commesso i reati. Una cosa assurda».
Dopo questi eventi sono aumentati i controlli a Tor Bella Monaca?
«Ieri c’è stato uno spiegamento di forze perché era presente una radio. Oggi di nuovo sarà così. Già questo è importante: negli anni precedenti tante Forze dell’ordine non c’erano, ma non perché non volessero: non c’erano proprio le risorse.
Io ho sempre avuto un contatto con i carabinieri, hanno sempre dato un riscontro alle mie istanze. Hanno avuto un approccio importante nel rapportarsi con la cittadinanza. Per questo non dirò mai che non hanno fatto nulla perché sarebbe una grave mancanza di rispetto. Il punto infatti è che non hanno tutte le risorse che meriterebbero. La caserma di polizia, per fare un esempio, è distante mezz’ora da qui. Capisce che il problema è che, su questo territorio, la coperta è corta».
Oltre al presidio delle strade, in quali altri modi lo Stato dovrebbe rendersi presente a Tor Bella Monaca?
«Io ho una grande stima del Ministro Piantedosi che ho conosciuto già quando era prefetto. La sua linea per me è fondamentale e apprezzo il fatto che non abbia mai vacillato.
Qualche giorno fa sono venuti 500 uomini delle Forze dell’ordine a presidiare Tor Bella Monaca. È stato un segnale importante dello Stato che ha voluto dire “ci siamo, stiamo controllando”. Questa presenza, anche in occasione delle nostre iniziative, va benissimo. Io spero che continuino censendo e punendo chi ha compiuto reati. Certo che poi quando vedi l’uomo che ha aggredito la volontaria ripresentarsi qua sotto già la sera stessa.. viene lo sconforto».
Crede si sia ripresentato volontariamente sotto casa sua?
«Dopo l’aggressione a Don Antonio si sono piazzati proprio sotto il palazzo, sfruttando l’altra entrata dove non c’è vigilanza. La percezione è che fossero lì per affermare la loro presenza».
C’è il timore che, fra poco, torneranno a spegnersi le telecamere su Tor Bella Monaca?
«Purtroppo prima o poi questa presenza mediatica è destinata a finire: d’altronde si deve tornare alla quotidianità. Quello che serve è accendere i riflettori sulle nostre iniziative, mostrando le cose belle che possono risvegliare le coscienze. È normale che le telecamere si spengano, noi dovremo essere bravi a mostrare il nostro meglio».
Lei in passato ha detto che qualche volta ha pensato di andarsene a Tor Bella Monaca, salvo poi ripensarci perché non vuole buttare tutto il lavoro fatto. È ancora così?
«Sì, ancora lo penso. Le faccio un esempio. Capita a tutti di dover fare un maglione ai ferri o un semplice disegno. Spesso ci si impegna al massimo ma non si riesce a ottenere il risultato sperato. A quel punto ci sono due strade: arrendersi e buttare tutto, oppure cercare di tirare di sistemare al meglio il maglione o il disegno, guardando tutto quello che di bello può succedere.
Se ci si arrende si perde tutta la fatica che si è fatta con i primi schizzi di colori o con le prime maglie. Se si va avanti il maglione o il disegno diventerà più bello e il tempo non sarà sprecato.
Poi c’è la vita da proteggere. Io ho dei figli, non posso voltarmi dall’altra parte. Alle volte mi sono chiesta chi me lo avesse fatto fare, ma poi penso che se tutti iniziano a chiudere gli occhi è finita, vivremo sempre peggio».
Sabato tornerete per le strade per continuare la vostra azione per il decoro?
«Certo: ci saremo giovedì, con i bambini, venerdì e sabato».