Se è vero che il tasso di occupazione in Italia è attualmente al 61%, l’altra faccia della medaglia è rappresentata da un numero crescente di lavoratori poveri: è quanto rivela l’Inps nel suo rapporto annuale presentato alla Camera.
Nel dettaglio, a ottobre 2022 i dipendenti privati che percepiscono retribuzioni inferiori al 60% della mediana erano 871.800. Un dato che rappresenta il 6,3% della platea di riferimento. L’Istituto, tuttavia, imputa il dato crescente sui cosiddetti “working poor” più ad una bassa intensità di lavoro che ad una scarsa retribuzione.
Altri dati del rapporto sviscerano i dati sui lavoratori poveri, suddivisi in circa mezzo milione a part time e oltre 350mila in full time. Questi ultimi, in particolare, risultano in buona parte riconducibili a due tipologie contrattuali specifiche, apprendistato e intermittente.
Chi guadagna meno rispetto alla media, spiega l’Inps, costituisce comunque “una componente marginale dell’insieme del lavoro dipendente” dal punto di vista numerico.
Seppur in risalita, il tasso di occupazione in Italia resta al di sotto della media
I dati snocciolati dall’ente previdenziale raccontano un quadro in fase di miglioramento nel nostro Paese. L’occupazione è al massimo storico, anche se resistono grandi differenze tra categorie: ricchi e poveri, donne e uomini, Nord e Sud.
Senza contare il fatto che l’indicatore statistico del mercato del lavoro resta al di sotto della media degli altri Paesi. La media Ue, ad esempio, viaggiava al 69,5% nel terzo trimestre 2022. Stesso discorso per Francia (68%), Germania (77%) e anche Spagna (64%).
Per quanto riguarda le donne, dopo la pandemia appaiono in risalita sia il tasso di attività che quello di occupazione. Migliora anche la qualità dell’occupazione: il lavoro dipendente rappresenta il 78% dell’occupazione totale, i contratti a tempo indeterminato aumentano.
Rapporto Inps sui lavoratori in pensione: i più poveri hanno speranza di vita inferiore
Capitolo pensionati: a fine 2022 erano 16,1 milioni, poco più del 2021. Tra loro, 7,8 milioni sono uomini e 8,3 milioni donne. Il reddito lordo mensile medio degli importi erogati dall’Inps è pari a 1.687 euro. Quello degli uomini, in particolare, ammonta a 1.969 euro, più alto del 38% rispetto a quello delle donne.
L’età media al pensionamento risulta in costante crescita negli ultimi dieci anni: per gli uomini si è passati dai 62 del 2012 ai 64,2 del 2022. Discorso analogo per le donne, da 61,3 a 64,7.
La speranza di vita a 67 anni di un ex lavoratore dipendente, più povero, è di quasi 5 anni in meno rispetto a quella di un ex dirigente, che gode di pensione più alta.
Per le donne le differenze sono minori, ma comunque importanti. Una residente in Campania nel primo quinto della distribuzione del reddito ha una speranza di vita di quasi 4 anni inferiore ad una residente in Trentino-Alto Adige con reddito nel quinto più alto. Il non tener conto del fatto che i meno abbienti hanno una speranza di vita inferiore alla media risulta inevitabilmente nell’erogazione di una prestazione meno che equa a tutto vantaggio dei più abbienti.
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