Pensioni anticipate con opzione donna, arriva una sorpresa per le lavoratrici dal 22esimo Rapporto dell’Inps sulle prestazioni previdenziali: il taglio dell’assegno dovuto al ricalcolo contributivo si attesta ad appena l’8%, in netta caduta rispetto alla decurtazione applicata alle pensioni con questa formula di uscita negli ultimi dieci anni. Alcune considerazioni sui dati dell’Istituto di previdenza sono da farsi.
La prima è che la misura viene prorogata di anno in anno già dagli ultimi due decenni (con una lunga pausa) e che, nel tempo, i requisiti di uscita hanno subito profonde variazioni, soprattutto nella legge di Bilancio 2023. La seconda considerazione da fare è quella che riguarda i contributi versati. Lo standard degli anni di contributi richiesti da opzione donna è sempre stato di 35 anni di versamenti, una quota inferiore ad altri canali di uscita anticipata. Infine, i dati sono riferiti alle lavoratrici uscite dal lavoro nel 2022, con i vecchi requisiti anagrafici e contributivi. C’è da attendere per i dati del 2023 e il cambio netto dei parametri di uscita.
Pensioni opzione donna, sorpresa Inps: il taglio assegno del ricalcolo contributivo è solo dell’8%
Arriva una sorpresa nei dati diramati dall’Istat in merito alle pensioni del 2022 e alle misure di uscita anticipata nel consueto Rapporto annuale sulla previdenza. Da quel che emerge, infatti, la misura delle lavoratrici per uscire prima dal lavoro, l’opzione donna, non determinerebbe un taglio così consistente della futura pensione, a due cifre e sopra il 20 per cento, come si credeva.
Peraltro, il campione delle pensioni preso dall’Inps per la statistiche è alto. A tutto gennaio di quest’anno, le pensioni erogate mediante la misura dell’opzione donna rappresentava il 16 per cento del totale delle pensioni anticipate delle lavoratrici. Un numero elevato, testimoniato dal fatto che le erogazioni alle lavoratrici con questa misura di uscita a inizio del 2023 erano 175mila.
L’assegno di pensione è più basso di tutte le altre categorie di lavoratori andati in pensione anticipata con gli altri canali di circa il 40%. Tuttavia, questa riduzione dell’assegno mensile di chi agganci l’opzione donna dipende, essenzialmente, dal numero di anni di contributi versati che risulta inferiore.
Pensioni opzione donna: taglio e quanto si perde nel futuro assegno
Chi va in pensione con opzione donna, infatti, deve aver versato un minimo di 35 anni di contributi, un numero di gran lunga inferiore ai 40 anni di quota 100, ai 41 di quota 103, ai 42 di quota 102 e ai 42 anni e dieci mesi (41 anni e 10 mesi per le lavoratrici) delle pensioni anticipate dei soli contributi.
A ciò si aggiunge, inoltre, il coefficiente di trasformazione (che converte i contributi versati in pensione mensile). Più si esce in età giovanile (e con opzione donna, negli scorsi anni, si usciva dai 58 anni o anche prima), e minore è l’indice per il quale si fa la moltiplicazione dei contributi. Diversamente, più si ritarda l’uscita e più alto è l’indice, a parità di numero di anni di contributi: più alta è di conseguenza la pensione.
A quali lavoratrici conviene andare in pensione prima?
L’importo mensile inferiore che percepiscono le lavoratrici che vanno in pensione con opzione donna, dunque, non può essere dovuto al taglio del mensile insito nella misura. Infatti, le lavoratrici che escono con opzione donna devono accettare il ricalcolo della propria pensione con il sistema contributivo, meno conveniente dei sistemi misto e retributivo ai quali le lavoratrici appartengono.
Tuttavia, questo ricalcolo per l’Inps non produce danni evidenti come si pensava. Nel 2022 la quota di decurtazione della pensione è stata appena dell’8%, ben al di sotto di quanto avveniva negli anni precedenti. Infatti, in alcune relazioni accompagnatorie delle leggi di Bilancio dei passati anni, in occasione della proroga dei requisiti dell’opzione donna, si stimava il taglio nel 23% del futuro assegno di pensione. Quest’ultima decurtazione è riferita all’anno 2013. L’indicazione che arriva dall’Istituto di previdenza rappresenta, quindi, un ottimo elemento di cui tener conto nella scelta della misura e nell’opportunità di agganciare l’uscita anche nei prossimi anni, nonché nei meccanismi di riforma da parte del governo, attesi nella legge di Bilancio 2024.