Aveva denunciato alla polizia diversi membri della baby gang Qbr di Borgo Roma: per questo un 20enne di origine indiana lo scorso agosto è stato rapito e torturato per una notte in una zona di campagna di Verona. A ripercorrere la sua storia è il Corriere della Sera, secondo cui il giovane si sarebbe salvato grazie a Whatsapp e alla geolocalizzazione attivata sullo smartphone.
Rapito e torturato per una notte dalla baby gang Qbr di Verona: il racconto shock
Mamma, mamma… mi hanno torturato. Portatemi via… per favore.
Questo il messaggio d’aiuto che il ragazzo avrebbe inviato alla madre qualche minuto dopo la mezzanotte del 29 agosto scorso. Era stato rapito e torturato per ore dai membri della baby gang Qbr del quartiere Borgo Roma di Verona, di cui anch’egli – quand’era ancora minorenne – aveva fatto parte, prima di trovare il coraggio di allontanarsene.
Poi, qualche mese fa, aveva denunciato alla polizia alcuni dei ragazzi: prima per esserne stato sequestrato, poi perché avevano provato ad estorcergli del denaro dopo un incidente. Un gesto che loro avevano visto come una “calunnia” e per il quale avevano deciso di vendicarsi. Per questo, ad agosto, l’avrebbero avvicinato con una Mercedes cabrio, caricandolo a forza sui sedili posteriori e portandolo in campagna, dove poi lo avrebbero pestato.
Mi hanno costretto a denudarmi, tranne le mutande, mi hanno infilato più volte un ago dentro le unghie – ha raccontato il giovane, 20 anni -. Mi hanno legato le mani, fatto alzare e camminare per 200 metri per poi farmi inginocchiare cominciando a colpirmi con diversi oggetti, fruste in pelle, mazze di legno, sassi… Scoppiavo in lacrime e venivo colpito continuamente con violenza su glutei, schiena, gambe, mani, braccia, piedi, a turno… Dopo circa un’ora e mezza […] venivo riportato nella piazzetta del Quartiere Saval.
A quel punto, la minaccia: se fosse andato dalla polizia, sarebbe stato ucciso. Lui, però, aveva trovato il coraggio di chiedere aiuto. E approfittando del fatto che gli avessero ridato il suo smartphone, si era messo in contatto con la madre. I ragazzi che l’avevano aggredito erano ancora lì.
Salvato dallo smartphone
Ho approfittato di un loro momento di distrazione e alle 00.10 ho sbloccato il cellulare in modalità aerea e chiamato subito mia madre… in lingua indiana le ho detto di essere in pericolo e le ho mandato la posizione tramite Whatsapp, quindi l’ho cancellato immediatamente…
dice il ragazzo, che a quel punto sarebbe stato colpito di nuovo. È grazie a quel messaggio se ora può essere qui a raccontare ciò che gli è accaduto: dopo averlo ricevuto, la madre si era immediatamente attivata, inviando anche una pattuglia della polizia sul posto. Quando è stato soccorso il giovane presentava “policontusioni diffuse agli arti, al tronco e ai glutei da percosse, ematomi e contusioni, abrasioni e lesioni giudicate guaribili in giorni quindici”. Ma era comunque tornato a denunciare.
Arrestati in cinque
In cinque sono finiti in manette per la vicenda: il veronese Alessandro Di Franco, 23 anni, e i quattro italiani di seconda generazione Frimpong Samuel Benemah, 24 anni; Douglas Savi Maykon, 29 anni; Rayen Sakaama, 18 anni e Adailson de Noite Polucena, 30 anni. Nella giornata di oggi tre di loro saranno ascoltati dal gip. Per gli altri due, risultati positivi al Covid, l’interrogatorio di garanzia è stato rinviato ai prossimi giorni. Sono accusati di sequestro di persona, rapina e tortura.
Sembra di guardare un episodio di Gomorra,
ha detto il questore di Verona Roberto Massucci commentando la notizia. “Per fortuna – aggiunge – li abbiamo arrestati tutti”.