Ci sono anche i due zii di Kata tra le persone indagate per sequestro di persona a scopo di estorsione perché sospettate di essere coinvolte nella scomparsa della bambina, avvistata per l’ultima volta a Firenze lo scorso 10 giugno. Gli inquirenti starebbero cercando ora tracce di Dna in due trolley e un borsone e in tre bagni dell’ex hotel dove la piccola viveva insieme alla famiglia e dove, nel corso delle perquisizioni passate, sarebbero state rilevate tracce di sangue.

Kata scomparsa a Firenze: tra i cinque indagati anche gli zii della bambina

Sono cinque, in totale, le persone iscritte dalla Procura di Firenze nel registro degli indagati: i due zii di Kata, quello materno, Abel, già finito in carcere nell’ambito delle indagini riguardanti il racket degli affitti dello stabile occupato – in relazione al tentato omicidio di un cittadino ecuadoregno – e quello paterno, Edgar, di appena 19 anni, detenuto in Perù per una storia di droga; ma anche due donne peruviane di 26 e 31 anni e un romeno di 29 che, come la bambina e la sua famiglia, vivevano all’interno dell’ex hotel.

E che, la sera della sua scomparsa, sarebbero stati visti uscire dall’edificio, separatemente, con due grandi valigie e un borsone: le stesse che, il 17 giugno successivo, avrebbero riportato, svuotate, all’Astor, quando era già stato sgomberato per effettuare tutti i rilievi del caso. Borse che gli inquirenti stanno ora passando al setaccio alla ricerca di tracce di Dna: il sospetto è che potessero celare la piccola Kata. Che in questo modo sarebbe stata portata via dallo stabile. I sopralluoghi effettuati finora al suo interno, infatti, hanno portato a un nulla di fatto.

Gli scavi sotto terra per fugare ogni dubbio

Per non lasciare nulla di intentato saranno analizzati anche tre bagni dell’ex hotel in cui, nel corso di alcune perlustrazioni passate, erano state rilevate presunte tracce di sangue. Non è tutto: all’Astor si tornerà anche per scavare sotto terra e abbattere i muri eretti dagli ex occupanti come divisori tra le stanze. L’obiettivo è cercare indizi che potrebbero finora essere sfuggiti ed escludere una volta per tutte la possibilità che la bimba si trovi ancora lì.

Le dichiarazioni della mamma e del papà

Non credo sia in Perù e non credo nemmeno che sia all’interno dell’hotel Astor. Di questo sono sicura,

ha dichiarato la mamma di Kata ai microfoni de La Stampa. Insieme al marito era finita nel mirino degli inquirenti perché sospettata di aver nascosto informazioni utili alle indagini. Ma fin dall’inizio si dichiara innocente e sostiene di aver rivelato tutto ciò che sapeva.

Io e mio marito siamo integri – spiega -. Stiamo bene e vogliamo sapere che fine ha fatto nostra figlia. Però, le fiaccolate per sapere dov’è Kata non si fanno più. Abbiamo aperto una raccolta fondi per cercarla, ma abbiamo ricavato poco e niente. Ora rilanceremo l’appello, perché non ci arrendiamo. Però ci sentiamo lasciati soli.

La sua speranza, dice, è che le novità degli ultimi giorni possano portare da qualche parte.

Voglio sapere dov’è Kata.

Per questo nelle scorse ore avrebbe lanciato insieme al papà della bambina una raccolta fondi per ricompensare “chi dice la verità”: un modo per spingere a parlare coloro che potrebbero sapere qualcosa ma finora sono rimasti in silenzio.

Ho fiducia in mio fratello,

ha riferito Miguel Chicclo. Secondo lui e sua moglie i rispettivi fratelli “non c’entrano nulla, hanno detto tutta la verità”.

Il punto di vista dei legali

Rispondendo alle domande dei giornalisti davanti all’ex hotel, gli avvocati Filippo Zanasi e Sharon Matteoni, che assistono i genitori di Kata, questa mattina hanno dichiarato:

Questa accelerata nelle indagini della Procura ci fa sperare: evidentemente (gli inquirenti, ndr) hanno individuato qualche pista che va approfondita.

Non escludono di nominare un loro consulente di parte per i vari esami che saranno effettuati a breve.

In attesa della risposta alla rogatoria

Si attende, intanto, la risposta del Perù sulla rogatoria chiesta dai pm fiorentini per interrogare 13 persone che attualmente si trovano in Sudamerica e che potrebbero essere informate dei fatti. Tra loro compare anche lo zio ora indagato, finito nello stesso carcere di un narcotrafficante peruviano che, prima dell’arresto e dell’estradizione, frequentava gli stessi ambienti della famiglia di Kata. Secondo alcuni, il vero bersaglio del rapimento.