“Meglio prenderci una pausa”. Quante volte durante un’infuocata riunione di lavoro abbiamo ascoltato questa espressione, magari accompagnata da un invito a prendere il caffè mentre sarebbe stato più opportuno sorseggiare una camomilla.
Ora va di moda la “pausa social”. Ne parla Fabrizio Binacchi su Pensalibero: “Le pause fanno sempre bene, come il silenzio in chiesa, come il respiro profondo al Pordoi. Distaccarsi fa bene. Anche dimenticare fa bene. Pensateci”. E propone una riflessione sul distacco dai social che può durare un anno, un mese, un giorno o, più probabilmente, un’ora. Ormai siamo abituati così e tornare indietro è molto difficile.
Il telefonino sempre acceso è vera libertà?
La domanda è: a cosa serve il mio social? Binacchi ricorda un incontro di tanti anni fa con Federico Scianò, giornalista del Tg1, in cui parlarono di democrazia e libertà: “Ci teneva a ricordare la necessità umana della coerenza. “Se tu dici una cosa in pubblico, poi non puoi trasgredirla in privato. Se tu ti dichiari concorrente e avversario di una o di uno, poi non puoi farci gli accordi e i giochetti perchè la coerenza è libertà”.
C’erano i primi telefonini, grossi come mattonelle e, chi ce l’aveva, si sentiva più libero ma per Scianò “questa cosa di avere in tasca un aggeggio che ti può squillare sempre non so se sia vera libertá”. Binacchi gli risponde che il telefonino garantisce comodità, indipendenza e quindi libertà, “forse in parte, ma tenendolo anche spento per respirare la nostra libertà” disse Scianò. Da quel ’90 sono passati decenni e il problema della libertà dai social è più attuale che mai. Siete pronti a prendervi una pausa?
Stefano Bisi