La mamma lo aveva accompagnato in ospedale a Portogruaro (Venezia), raccontando di una caduta accidentale: poco dopo il piccolo B. K., di 18 mesi, è morto a causa delle gravi ferite alla testa. Ora gli inquirenti vogliono vederci chiaro e capire cosa si nasconda davvero dietro alla vicenda. Il sospetto è che i familiari del bambino non abbiamo raccontato tutta la verità.

Bimbo di 18 mesi morto in ospedale a Portogruaro: i punti oscuri della vicenda

La dinamica dell’incidente che ha portato alla morte del piccolo B.K. non è ancora stata chiarita del tutto: davanti agli inquirenti che li hanno ascoltati, i genitori, infatti, non sarebbero riusciti a fornire una spiegazione convincente. Stando al loro racconto, il bimbo si trovava nel cortile di una casa di campagna a Mazzolada di Portogruaro insieme ai cuginetti quando, all’improvviso, sarebbe caduto dal cofano di un’auto su cui era stato adagiato per gioco.

A chiarirlo sarà l’autopsia che il medico-legale Antonello Cirnelli effettuerà domani sulla piccola salma. Autopsia che, negli intenti del pm di Pordenone, Maria Grazia Zaina, che l’ha richiesta, dovrà rispondere a un quesito specifico:

Abbiamo chiesto se c’è compatibilità tra la morte del piccino e la caduta dall’alto riferita dai familiari. Oltre all’esame autoptico, stiamo procedendo con tutti gli altri esami di tipo tecnico, coordinati dai carabinieri,

ha spiegato all’Ansa. La loro ipotesi è che il bimbo, piuttosto, sia stato investito da un’auto, magari dopo essere sfuggito al controllo dei genitori. Una versione dei fatti maggiormente compatibile con le ferite da schiacciamento riportate dal piccolo.

Le indagini

Quando è arrivato in ospedale a Portogruaro le sue condizioni erano subito apparse disperate: aveva un grande ematoma alla testa. Poco dopo era morto senza che i medici potessero fare nulla. È giallo, ora, su cosa gli sia realmente accaduto. Nel corso dei primi accertamenti sarebbero già state escluse ipotesi dolose o di maltrattamenti.

Da escludere è anche che il bimbo possa essersi fatto male da solo, vista la natura del trauma. Se a convincere maggiormente è l’ipotesi del coinvolgimento di una vettura, poi fuggita, non è possibile escludere, comunque, altre piste, tra cui quella di un incidente avvenuto in ambito domestico.

Il precedente di Ventimiglia

Si continua ad indagare, intanto, anche sul caso del piccolo Ryan, il bimbo di 5 anni che lo scorso 19 dicembre era stato portato all’ospedale Gaslini di Genova con una frattura al braccio sinistro, lesioni a otto vertebre, alla milza e a un polmone, e un trauma cerebrale, rimasto a lungo ricoverato in gravi condizioni.

Dopo aver escluso l’ipotesi iniziale (quella di un pestaggio da parte dei nonni che l’avevano ricevuto in custodia), gli inquirenti avevano avanzato un’altra pista: quella secondo cui il piccolo potesse essersi lanciato fuori dall’auto in corsa mentre veniva accompagnato a casa del padre, venendo parzialmente travolto dalle ruote.

Sia all’interno che fuori dell’auto sarebbero state trovate, in effetti, tracce biologiche. Solo una persona sa, ad oggi, ciò che è successo davvero: il bambino, che però si è sempre rifiutato di parlare. Sia con i medici che l’hanno avuto in cura, sia con i genitori, sia con la psichiatra forense che negli scorsi mesi lo ha ascoltato in audizione protetta per oltre 3 ore.

Gli indagati sono due: la nonna di Ryan e il suo compagno, che sull’accaduto ha fornito diverse versioni. Pochi giorni dopo il ricovero del bimbo si era presentato autonomamente al commissariato locale, dicendo di averlo picchiato. Poi aveva parlato di un investimento. Infine anche lui aveva scelto il silenzio.

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