Negli Stati Uniti, un cambiamento sta prendendo forma nel panorama lavorativo, noto come “quiet cutting“. Questo termine, coniato dal Wall Street Journal, fa riferimento a un’evoluzione del concetto di licenziamento: piuttosto che licenziare un dipendente, l’azienda lo “mette da parte”, riassegnandolo a nuovi ruoli o funzioni. Ma che effetti ha questa nuova tendenza sul benessere e sulla carriera dei lavoratori?
Quiet Cutting vs licenziamento
Il quiet cutting non significa esattamente demansionamento, ma rappresenta piuttosto un accantonamento del dipendente. Se in passato l’approccio standard era licenziare un dipendente quando le sue competenze non erano più necessarie, ora le aziende stanno cercando di riassegnarlo a nuovi ruoli. Questo spesso avviene in seguito a una ristrutturazione aziendale, dove uffici, organigrammi e priorità vengono rivisti e riorganizzati.
Gli effetti psicologici del Quiet Cutting
Se il quiet cutting potrebbe sembrare una soluzione “più morbida” al licenziamento, può avere serie ripercussioni sulla salute mentale dei dipendenti. Molti lavoratori possono sviluppare la “sindrome del sopravvissuto“, una condizione caratterizzata da senso di colpa, demotivazione e disimpegno professionale. Questa sindrome è stata originariamente identificata tra i sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale, ma ora si manifesta tra i lavoratori che si sentono salvati da un’ondata di licenziamenti, ma sottoposti a pressioni lavorative crescenti e cambiamenti di ruolo.
In molti casi, i dipendenti diventano consapevoli della loro riassegnazione attraverso comunicazioni aziendali come e-mail. Questi messaggi possono spesso riassumersi in: “Il tuo attuale ruolo non esiste più“. Sebbene le aziende possano vedere questo come un tentativo genuino di ritenere e riutilizzare le competenze dei dipendenti, molti lavoratori potrebbero percepire il quiet cutting come una strategia passivo-aggressiva per indurli a dimettersi senza dover affrontare le spese di un licenziamento.
Pertanto, mentre alcuni lavoratori possono vedere il quiet cutting come una sfida e un’opportunità per acquisire nuove competenze, altri potrebbero sentirsi demotivati e sottostimati. In questo clima incerto, molti esperti suggeriscono ai dipendenti di rivedere le proprie aspirazioni e considerare se il loro attuale posto di lavoro soddisfa ancora le loro esigenze e obiettivi di carriera.
Quando il ricollocamento interno viene visto male dai dipendenti
Il ricollocamento interno può sembrare una soluzione vincente per le aziende, ma cosa significa per i dipendenti? Se da un lato è un segno di riconoscimento delle competenze, dall’altro può essere percepito come un declassamento, soprattutto se il nuovo ruolo ha responsabilità maggiori con lo stesso stipendio. In questo scenario, il dipendente si trova di fronte a una decisione difficile: restare o cercare nuove opportunità.
Prospettive future
Con l’evoluzione del panorama lavorativo, specialmente dopo le ripercussioni della pandemia e le cosiddette grandi dimissioni del 2021, le aziende sono sempre alla ricerca di nuovi modi per bilanciare le esigenze organizzative con quelle dei dipendenti. Tuttavia, solo il tempo dirà se il quiet cutting sarà una tendenza duratura o un fenomeno di breve durata.
Cos’è il Quiet Quitting e differenze con il Quiet Cutting
Il Quiet Quitting, traducibile come “abbandono silenzioso“, è un fenomeno emergente nel panorama lavorativo odierno. Se tradotto alla lettera, potrebbe indurre in errore, suggerendo che le persone vogliano svolgere il minimo lavoro necessario o lasciare il lavoro senza avvisare. Tuttavia, questo termine va al di là della semplice traduzione.
Un’indagine recente condotta da YouGov su un campione di 1000 lavoratori americani ha evidenziato che oltre la metà non era a conoscenza di questo fenomeno. Tra quelli che lo conoscevano, la percezione variava notevolmente: alcuni credevano fosse un approccio minimalista al lavoro, mentre altri lo vedevano come un rifiuto di compiti extra non retribuiti.
Il “Quiet Quitting”, talvolta chiamato anche “coasting“, si contrappone alla “hustle culture“, una cultura incentrata sull’essere sempre produttivi e dedicarsi al 100% al lavoro. Questa tendenza si sta affermando come una risposta al burnout lavorativo e a un’eccessiva richiesta di coinvolgimento da parte dei dipendenti.
Le cause di questo fenomeno sono varie. Alcuni esperti sostengono che possa essere una manifestazione di cinismo o apatia verso il lavoro. Un report di Gallup ha rivelato che solo il 14% dei lavoratori europei si sente veramente coinvolto nel proprio lavoro.
Il ruolo e le responsabilità dei manager
I dirigenti svolgono un ruolo cruciale nella gestione del Quiet Quitting. Una ricerca di Harvard Business Review ha sottolineato l’importanza del rapporto tra manager e subordinati. Se un manager è in grado di equilibrare gli obiettivi aziendali con le esigenze dei dipendenti, il rischio di Quiet Quitting si riduce notevolmente.
A ogni modo, la Generazione Z sembra essere in prima linea nella promozione di questa nuova tendenza. Questi giovani lavoratori stanno dando priorità al work-life balance e alla propria crescita personale piuttosto che a una carriera tradizionale. Il loro focus non è solo sul salario, ma anche sulla crescita professionale e sulla qualità della vita.