Si fa strada l’ipotesi di pensioni anticipate da raggiungere, nel 2024, mediante un periodo di part time per due o tre anni prima della vecchiaia. Il nuovo meccanismo permetterebbe il ricambio generazionale a lavoro, soprattutto per i giovani che si affacciano nel mondo dell’occupazione, destinatari di conoscenze e competenze tramandati da chi sia in procinto di andare in pensione.

La misura di uscita anticipata, per certi versi simile a quella di uno scivolo pensionistico come l’isopensione o i contratti di espansione, consentirebbe a chi accetti su base volontaria di ridurre l’orario di lavoro di percepire una parte di stipendio e un anticipo di pensione, ma di continuare a versare i contributi per un assegno pieno una volta che risulteranno maturati i requisiti per il pensionamento di vecchiaia.

Pensioni, ipotesi di uscita anticipata nel 2024 con il part time per 2-3 anni: di cosa si tratta?

Si fa strada nella riforma delle pensioni una nuova misura che consentirebbe di uscire con anticipo dal lavoro di due o tre anni, svolgendo tuttavia dell’orario lavorativo ridotto. Tale riduzione potrebbe arrivare a delineare un rapporto di lavoro che si trasformerebbe in part time, ma con la possibilità – per il lavoratore che si trovi a non più di due o tre anni dalla pensione – di continuare ad accumulare contributi previdenziali che gli sarebbero regolarmente versati.

È questa la misura alla quale starebbe lavorando la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, anche alla luce della scarsità delle risorse che il governo dovrebbe impiegare sulle pensioni nella legge di Bilancio 2024. Si richiedeva ai tavoli del ministero di Via Veneto di elaborare misure di pensione anticipata che potessero risultare in linea con obiettivi di contenimento della spesa pubblica, e questa potrebbe rappresentare l’eccezione ai canali di austerità.

Pensioni uscita anticipata part time, cosa cambia per stipendio e contributi?

A tale progetto starebbe lavorando anche il nuovo Osservatorio della spesa previdenziale, istituito da pochi mesi, proprio per valutare l’impatto sui conti pubblici delle spese previdenziali e per formulare ipotesi di misure di pensione anticipata che possano rappresentare l’alternativa ai rigidi parametri della legge Fornero. Al contempo, il governo è impegnato a cercare soluzioni anche per i giovani e per risolvere il problema dei buchi contributivi.

In un’audizione in Senato, la stessa ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha parlato di progetti di ricambio generazionale che, da un lato, permettesse ai lavoratori di poter anticipare l’uscita di qualche anno e, dall’altro, ai giovani di immettersi nel mondo del lavoro. La riduzione dell’orario di lavoro per chi sia prossimo ad andare in pensione nel giro di due o tre anni, consentirebbe ai giovani di poter ottenere quel bagaglio di conoscenze e di competenze tramandati da chi ha superato i 60 anni di età, necessario per poter intraprendere nel giusto modo la professione.

Pensione anticipata, ultime novità e vantaggi rispetto a quota 103 e opzione donna

Il lavoratore prossimo alla pensione otterrebbe metà dello stipendio e metà della pensione come incentivo all’uscita che rimarrebbe, in ogni modo, una sua libera scelta. In questo modo, il contribuente accederebbe alla pensione senza dover rinunciare a una fetta di pensione, come avviene per quota 103, per il semplice fatto che il datore di lavoro provvederebbe a continuare a versare i contributi spettanti.

Da questo punto di vista, questo canale di uscita anticipata risulterebbe vantaggioso anche per le lavoratrici che avrebbero un’alternativa rispetto all’opzione donna. Con quest’ultime misure dovrebbero rinunciare a una parte consistente dell’assegno di pensione per via del ricalcolo contributivo del trattamento futuro, stimabile fino al 30%.

In particolare, il taglio dell’opzione donna è dettato dal fatto che i contributi sono stati versati per buona parte nel sistema misto o, addirittura, retributivo. Il ricalcolo li qualifica come contributivi puri, determinandone il taglio. Con il part time, invece, le lavoratrici avrebbero la possibilità di non rinunciare ad anni di contributi e, soprattutto, di arrivare alla pensione di vecchiaia senza alcun ricalcolo.