Per capire che cos’è il progetto della Nuova Via della Seta e il perché l’Italia vuole uscire dall’accordo con la Cina è estremamente interessante ascoltare l’opinione di Paolo Alli.

Intervenendo nel podcast Skill Pro il presidente di Alternativa Popolare – già deputato ed ex presidente dell’Assemblea parlamentare della NATO – ha analizzato la sostanza dell’accordo della Belt and Road Initiative mettendo in luce il suo significato strategico e geopolitico e, soprattutto, le implicazioni per l’Italia ora che il governo Meloni ha scelto di uscire in modo «soft» dall’accordo con la Cina.

Paolo Alli spiega cos’è l’accordo della Via della Seta e perché la decisione del governo Meloni di uscirne è corretta

Per capire cos’è l’accordo della Via della Seta e il suo significato occorre comprenderne, innanzitutto, le dimensioni.

Come spiegato dal presidente di Alternativa Popolare, infatti, «il progetto della via della Seta è partito con grandi ambizioni, comprendendo un percorso terrestre e marittimo». Il primo prevedeva il collegamento la parte occidentale della Cina con Venezia, il secondo la circumnavigazione dell’India verso l’Africa per arrivare simbolicamente al Mediterraneo.

Dalle dimensioni iniziali, tuttavia, il progetto ha continuato ad allargarsi comprendendo anche la via Artica e la via digitale.

Per questo, secondo Alli, occorre parlare «non una sola via della Seta, ma di più Vie della Seta». A dimostrare chiaramente questa affermazioni sono i numeri: ad oggi la Belt and Road Initiative è arrivata ad abbracciare oltre 150 Paesi in cui risiedono più di 5 miliardi di persone e dove si produce il 50% del PIL globale.

Questa premessa è necessaria, nel ragionamento di Alli, per comprendere il significato dell’accordo. Interpretare il progetto della Nuova Via della Seta come un mero accordo commerciale non permette, infatti, di comprende la vera natura geopolitica e geostrategica del progetto.

Il sospetto, secondo Alli, è che «la Cina intenda avvalersi della “diplomazia della trappola del debito” con i Paesi più poveri che hanno aderito all’iniziativa, acquistando debito pubblico in cambio di infrastrutture al fine di controllare i Paesi meno avanzati economicamente. Strategia, questa, già attuata dalla Cina in Africa».

Italia fuori dalla Via della Seta: le implicazioni per il nostro Paese, la posizione degli USA

Rispetto alla posizione dell’Italia, pur riconoscendo come la Cina sia un grande partner economico per il nostro Paese, Alli concorda con la decisione del governo Meloni di uscire in modo soft dall’accordo perseguendo al contempo una politica di rafforzamento dei rapporti commerciali.

Anche perché, sino ad oggi, la posizione dell’Italia è stata piuttosto anomala: il nostro Paese è infatti l’unica tra le grandi democrazie a occidentali ad aver siglato l’accordo con la Cina.

«Aderire alla Via della Seta fu una scelta frettolosa e azzardata del Governo Conte. Semplicemente non c’erano le condizioni». La vera ambizione del governo cinese, infatti, era ed è assolutamente chiara: «aumentare la sfera di influenza politica nel mondo».

Rispetto all’influenza degli USA nella decisione italiana di uscire dal Memorandum, Alli si dice convinto che non ci siano state grandi pressioni da parte di Washington. Infatti, se «è vero che gli americani hanno interesse nel tenere una posiziona ferma verso Pechino», allo stesso tempo «dipendono in buona misura dagli scambi economici con la Cina».

Lo scoppio della guerra in Ucraina a seguito dell’invasione della Russia completa, infine, il quadro di analisi. Come sottolineato da Alli, infatti, il conflitto non solo ha depotenziato l’ambizione cinese – diverse infrastrutture strategiche sarebbero passate per l’Ucraina – ma ha soprattutto cambiato la posizione dei Paesi dell’Est Europa, preoccupati dell’appoggio di Xi Jinping a Putin.