Si era recata a fare la spesa al supermercato; poi, dopo essere rincasata, ha somministrato alla madre anziana un mix di farmaci. Infine, in preda al panico, si è gettata dalla finestra. È successo a Bologna, dove una 63enne ha tentato di uccidere la madre e poi si è tolta la vita. Sembra che da tempo soffrisse di depressione. Una sofferenza forse troppo grande da sopportare.
Tenta di avvelenare la madre e poi si suicida a Bologna: la storia shock di una 63enne
Ho ucciso la nonna, ora tocca a me.
Con queste parole, in un biglietto d’addio lasciato ai figli, una donna di 63 anni originaria di Bologna ieri ha annunciato che si sarebbe tolta la vita. Stando a quanto ricostruito finora, si sarebbe gettata da una delle finestre al quinto piano dello stabile in cui viveva con la famiglia in via Daniele Manin, in zona Corticella, dopo aver provato a togliere la vita alla madre anziana con un mix di farmaci ansiolitici.
Da tempo soffriva di depressione. All’arrivo dei soccorsi, chiamati da alcuni vicini di casa che avevano sentito il tonfo provocato dalla caduta della donna, per lei non c’era già più niente da fare. L’86enne, invece, si è salvata: dopo averle prestato le prime cure sul posto, i sanitari del 118 l’avevano trasferita d’urgenza all’ospedale Maggiore di Bologna. Ora è fuori pericolo, ma per sempre dovrà fare i conti con ciò che le è accaduto e con il dolore provocatole dalla tragica scomparsa della figlia.
Bisognerà capire cosa l’abbia spinta a compiere un gesto così estremo, cambiando per sempre le vite di coloro che le erano vicine.
Pochi giorni fa un caso di omicidio-suicidio in provincia di Trapani
Qualche giorno fa a Marsala una 39enne di nome Marisa Leo ha perso la vita per mano dell’ex compagno Angelo Reina, 42 anni, morto suicida. I due avevano avuto una bambina, ma da qualche tempo, per volere della donna, non si frequentavano più. Per questo lui si era fatto sempre più cupo e “pericoloso”, iniziando addirittura a seguirla e a telefonarle di continuo.
Nel 2020 era stato denunciato per stalking e violazione degli obblighi di assistenza familiare. Poi Leo aveva deciso di tornare sui suoi passi per il bene della figlia, provando a riallacciare con lui dei rapporti civili nonostante ne avesse paura. Con la scusa di riportarle la piccola (che in realtà aveva affidato ai nonni), lo scorso 6 settembre lui l’aveva convinta a raggiungerlo nei pressi dell’azienda vivaistica di famiglia, in provincia di Trapani. Quando era arrivata le aveva sparato tre colpi di fucile, uccidendola. Poi si era a sua volta sparato su un viadotto, facendo un volo di oltre cinquanta metri.
Gli inquirenti sono convinti che preparasse il delitto da molto tempo: a giugno aveva assunto un investigatore privato, per pedinarla. Ne era ossessionato e non sapeva accettare la fine della loro relazione. Una settimana prima dell’omicidio aveva noleggiato l’auto all’interno della quale sarebbe stata ritrovata l’arma usata per ucciderla. Dove se la sia procurata non è ancora chiaro.
La sua è una storia purtroppo già nota e che a molti ha riportato alla mente quella di altre vittime di femminicidio, come Martina Scialdone, l’avvocata uccisa dall’ex compagno Costantino Bonaiuti al termine di un “incontro chiarificatore” voluto da lui a Roma per cercare di riconquistarla; oppure quella di Giulia Tramontano, la 29enne incinta di sette mesi accoltellata e poi data alle fiamme dal convivente, futuro padre di suo figlio.
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