Cos’è la Nuova Via della Seta? L’ambizioso progetto si basa sulla connettività e su uno sviluppo economico promosso dalla Cina. Ha come obiettivo quello di rafforzare i legami tra Asia, Europa e Africa attraverso la costruzione di infrastrutture e la promozione del commercio.
Il periodo della pandemia e i nuovi equilibri geopolitici creati dalla guerra in Ucraina, hanno tuttavia sollevato molte preoccupazioni riguardo all’influenza politica della Cina e riguardo la sostenibilità dei suoi investimenti.
Per questo motivo l’Italia di recente si è defilata dall’accordo, promettendo però di voler lavorare su un partenariato strategico.
Cos’è la Via della Seta: come è formato il progetto
La Nuova Via della Seta, chiamata anche come Belt and Road Initiative (BRI), è un progetto di sviluppo economico condiviso e promosso dalla Cina, nato nel 2013 sulla falsariga dell’antica rete di commerci tra l’impero cinese e quello romano per volontà del Presidente cinese Xi Jinping.
Il progetto già inizialmente ambiva alla costruzione di infrastrutture, al potenziamento dello sviluppo commerciale e alla cooperazione internazionale, con l’obiettivo di rafforzare la connettività tra le regioni coinvolte e promuovere lo sviluppo culturale.
Il progetto è basato su due pilastri principali: la Cintura Economica della Via della Seta, cioè le vie terrestri di collegamento e la Via della Seta Marittima del 21° secolo, che riguarda le rotte marittime e i porti.
Il primo si estende attraverso l’Asia centrale, il Medio Oriente, l’Europa orientale e l’Europa occidentale ed include la costruzione di strade, ferrovie ad alta velocità, oleodotti, gasdotti, ponti e altre infrastrutture di trasporto.
La Via della Seta Marittima del 21° secolo invece riguarda il potenziamento delle rotte via mare e l’espansione dei porti lungo le coste dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di transito delle merci.
L’uscita dell’Italia dal progetto
Il progetto della Nuova Via della Seta coinvolge molti paesi in tutto il mondo. L’Italia è stato il primo e unico membro del G7 ad aver firmato un memorandum con la Cina per aderire all’iniziativa.
Altri Paesi europei hanno sottoscritto il BRI, tra cui Bulgaria, Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Malta, Polonia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Oltre a questi, aderiscono molti altri paesi in Asia, Africa e Medio Oriente. L’applicazione dei trattati però non è uniforme e ogni paese fa caso a sé, con un livello di coinvolgimento più o meno stringente nel progetto.
Attraverso questa iniziativa, la Cina cerca di espandere la propria influenza politica ed economica nei paesi coinvolti, creando legami di interdipendenza che alla luce dei nuovi scenari geopolitici molti reputano eccessivamente rischiosi. L’Italia ha scelto dunque di uscire dal progetto.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa, a margine del G20 di Nuova Delhi ha spiegato:
“Con il premier cinese si è parlato di Via della Seta, ma non soltanto. Noi abbiamo un rapporto bilaterale con quel Paese. Nazioni che non hanno fatto parte della Via della Seta hanno stretto accordi più vantaggiosi dei nostri. All’esito di queste valutazioni io intendo mantenere l’impegno di andare in Cina, credo che avrà maggiore senso quando ci saranno elementi maggiori su come rafforzare la nostra cooperazione”.
Dal colloquio tra il premier italiano e il primo ministro cinese è quindi emersa la “comune intenzione di consolidare e approfondire il dialogo tra Roma e Pechino sulle principali questioni bilaterali e internazionali”. E la stessa Meloni ha sottolineato che la Via della Seta “costituirà il faro per l’avanzamento dell’amicizia e della collaborazione tra le due nazioni in ogni settore di comune interesse”.
In questa fase il baricentro politico-economico dell’Italia si è spostato verso posizioni più gradite agli Stati Uniti e all’Unione europea. Il corridoio, secondo Biden, “creerà posti di lavoro e rafforzerà la sicurezza alimentare. È un investimento che rappresenta un punto di svolta. Lavoriamo insieme uniti”.