Sulle pensioni del 2024 è in arrivo la stretta nella legge di Bilancio di questo autunno sugli importi medi e alti per finanziare la riforma. Si attendono, quindi, tagli sui maxi assegni e rivalutazioni più basse per rastrellare le risorse necessarie alle misure di pensione anticipata e per l’indicizzazione dei trattamenti fino a 2.250 euro lordi circa.
Il meccanismo sul quale potrà esercitare la propria influenza il governo in tal senso è noto ed è quello della rivalutazione delle pensioni, già in vigore, con qualche novità, da alcuni anni. L’aumento delle pensioni al tasso di interesse registrato durante l’anno dall’Istat è pieno fino a una certa soglia, poi aumenta ma in maniera decrescente fino a divenire un terzo dell’aumento dei prezzi.
Aumenti pieni, dunque, sono previsti per le ex pensioni fino a 2.100 euro lordi (che con gli aumenti dal 1° gennaio 2023 sono divenute di 2.250 euro lordi circa), corrispondenti a importi fino a quattro volte il trattamento minimo. Per queste pensioni, comprese quelle minime, appare scontato l’aumento del 110% dell’inflazione. Per quelle superiori a questo tetto, gli aumenti ci saranno, ma con il taglio.
Pensioni, in arrivo la stretta su quelle medio-alte per finanziare la riforma 2024
In arrivo la stratta sugli assegni mensili di pensione del prossimo anno, per mezzo del meccanismo di indicizzazione dei trattamenti al tasso di inflazione del 2023, comunicato dall’Istat durante l’autunno. Dopo il 7,3% di aumento dei prezzi del 2022 (poi corretto nell’8,1% del tasso definitivo), le pensioni di quest’anno sono aumentate dello stesso tasso ma fino a un certo livello, ovvero fino a quattro volte il trattamento minimo. Per gli assegni superiori gli aumenti sono stati tagliati, in misura maggiore per gli assegni più alti.
Nella legge di Bilancio del 2024 il meccanismo dovrebbe essere lo stesso, con alcune novità. Si attende, a tal proposito, il dato del tasso di inflazione determinato dall’Istat durante l’autunno. Non sarà molto più basso dello scorso anno e dovrebbe variare tra il 5,5% e il 6%. Una percentuale che, per i conti dello Stato, rappresenta una vera e propria tagliola rispetto agli obiettivi di investimento di fine anno, soprattutto sui canali di prepensionamento e sugli aumenti degli stipendi in busta paga.
Ecco come aumenteranno gli assegni di pensione nel 2024 per l’inflazione
In ogni caso, la stretta sulle pensioni e sulle rivalutazioni rispetto al tasso di inflazione dovrebbe seguire lo stesso meccanismo dello scorso anno. Per gli importi superiori alle quattro volte il trattamento minimo (tra 4 e 5 volte, pari a 2.650 euro lordi, ovvero 1.980 euro netti), l’indicizzazione dovrebbe risultare all’85%. Ciò significa che l’aumento corrisponderà alla percentuale di inflazione comunicata dall’Istat il 20 novembre prossimo per l’85%.
Per le pensioni tra 5 e 6 volte il trattamento minimo (fino a 3.150 euro lordi, 2.300 euro netti), si scende al 53%, tra 6 e 8 volte (fino a 4.200 euro lordi, 2.940 euro netti), la rivalutazione è al 47%, mentre tra 8 e 10 volte il minimo (fino a 5.250 euro lordi, 3.583 euro netti), la rivalutazione si ferma al 37%. Per le pensioni oltre le 10 volte il minimo, la rivalutazione scende a un terzo della percentuale di inflazione dell’Istat, pari al 32%.
Pensioni stretta riforma 2024, ecco chi subirà i tagli per finanziare quota 103, opzione donna e Ape sociale
La rivalutazione di tutte le pensioni all’inflazione di novembre 2023 per gli assegni del 2024 dovrebbe avere un costo per le casse dello Stato di 10 miliardi di euro circa. Le pensioni sulle quali il governo potrebbe decidere di aumentare i tagli, abbassando la percentuale di indicizzazione al tasso di inflazione, potrebbero essere quelle a partire dalle 6 volte il trattamento minimo. Dai tagli, la Ragioneria generale dello Stato prevede di poter racimolare almeno un miliardo di euro da destinare alle altre misure previdenziali.
Ma se le misure di riforma dell’opzione donna e dell’Ape sociale, più la conferma della quota 103 dovessero richiedere maggiori investimenti, i tagli potrebbero arrivare a lambire anche la fascia degli assegni appena superiori alle quattro volte il minimo, abbassando l’85% della rivalutazione dei trattamenti tra 2.101,53 a 2.627,00 euro lordi.