A causa della diffusione della variante EG.5 del Covid, nota anche come variante Eris prendendo spunto dalla dea greca della discordia, non bisogna abbassare la guardia con l’arrivo dell’autunno. Tale sottovariante di Omicron è stata indicata dall’OMS quale variante di interesse durante il mese di agosto e si prevede che diventerà la forma dominante in numerosi Paesi, tra cui l’Italia. Infatti, stando all’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore della Sanità (Iss) sulle varianti di Covid circolanti nelle ultime settimane nel nostro Paese, il 41,9% dei casi è riconducibile a Eris. La flash survey coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il ministero della Salute e con il supporto della Fondazione Bruno Kessler, le Regioni e le Province Autonome ha analizzato tramite sequenziamento genomico i campioni notificati tra il 21 e il 27 agosto.
Covid, Iss: variante Eris prevalente in Italia e in crescita in numerosi Paesi
Anche a livello globale si assiste a un significativo incremento della diffusione di EG.5 (e più in particolare di EG.5.1), la quale costituisce così la Variante di Interesse (VOI) maggiormente rilevata in Europa, Stati Uniti e Asia. Gli studi effettuati su Eris riconducono la sua diffusione e prevalenza in numerosi Paesi a un elevato tasso di crescita e una diminuita capacità neutralizzazione da parte di anticorpi verso altre varianti. EG.5 non sembra al momento comportare “rischi addizionali per la salute pubblica rispetto ai lignaggi co-circolanti“.
I sintomi prevalenti sono gli stessi rilevati all’inizio della pandemia: disturbi delle vie respiratorie superiori, come mal di gola, tosse secca, congestione e naso che cola, mal di testa, voce rauca, dolori muscolari e articolari. Si registrano in numero minore perdita di gusto e olfatto e problemi gastrointestinali. La variante Eris sembra però avere una maggiore capacità di infettare i polmoni, come dimostrato da una ricerca condotta dall’università di Tokyo sui criceti. Tale sintomo specifico potrebbe tradursi, almeno in una parte dei pazienti, in manifestazioni più severe di Covid.
Altre varianti più o meno diffuse a livello globale sono XBB.1.16, detta Arturo (16,5% di casi nel nostro Paese); XBB.1.5, detta Kraken (il 21,2% di luglio è sceso a 13,4%); XBB.2.3 (dal 12,2% di luglio al 7,8% delle ultime settimane); e CH.1.1, detta Orthrus (2,3%).
Studio dell’Università dell’Insubria: la mutazione rende Eris più resistente
Perché continuano ad aumentare i contagi e tutti gli altri indicatori della pandemia? La risposta si trova in uno studio sulla variante Eris condotto dall’Università dell’Insubria e coordinato da Fabio Angeli del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista European Journal of Internal Medicine. Sarebbero tanto la maggiore resistenza agli anticorpi quanto l’inalterata capacità trasmissiva e di legame alle nostre cellule della variante EG.5 ad aumentare gli indicatori come numero di casi positivi (+43,4% nell’ultima settimana), tasso di occupazione dei letti di terapia intensiva, decessi (+44,6%) e tasso di positività ai tamponi. Questi risultati rendono più difficile sperare che le nuove varianti possano diventare col tempo meno diffusive.
I ricercatori si sono concentrati su quanto e come è cambiata la variante e come possa influire sull’incremento dei contagi e del tasso di ospedalizzazione e mortalità osservati nelle ultime settimane a livello globale. La mutazione F456L avvenuta a livello della proteina Spike del virus conferirebbe alla variante una maggiore capacità di sfuggire alle difese degli anticorpi, che siano generate da precedenti infezioni o da vaccini. Emerge quanto sia “importante continuare a studiare e monitorare la diffusione delle varianti del virus, anche per indirizzare le future strategie preventive“.