Era un delitto premeditato, secondo gli inquirenti che lavorano al caso, quello che lo scorso 6 settembre ha strappato alla vita Marisa Leo: per Repubblica l’ex compagno Angelo Reina lo progettava da almeno una settimana. E per fare in modo che tutto andasse come sperava aveva anche ingaggiato un investigatore privato, per pedinarla. Nel 2020 la donna, madre di sua figlia, lo aveva già denunciato per stalking e violazione degli obblighi di assistenza familiare. Poi aveva fatto un passo indietro, per il bene della bambina. Ma continuava ad averne paura.

Marisa Leo uccisa dall’ex compagno in provincia di Trapani: Angelo Reina aveva premeditato il delitto

Circa una settimana prima di uccidere a fucilate l’ex compagna, Angelo Reina avrebbe preso a noleggio l’auto a bordo della quale si sarebbe poi recato all’appuntamento concordato con la donna con la scusa di portarle la figlia. Al suo interno gli inquirenti hanno trovato altri proiettili della stessa arma usata per il delitto. A renderlo noto è il quotidiano La Repubblica, secondo cui l’uomo, 42 anni, avrebbe premeditato il delitto.

Sembra che già da un po’ avesse pensato di mettere fine alla vita di Marisa, che nel 2020 lo aveva denunciato per stalking: da quando la loro relazione era finita, per volere di lei, lui si era fatto sempre più cupo e ossessivo, arrivando ad intimorirla. Nel giugno 2021, salendo sul banco dei testimoni, aveva dichiarato:

Ho paura, ho chiesto aiuto a tutti.

Poi però l’amore per la figlia l’aveva spinta a tornare sui suoi passi e a ritirare l’atto contro l’uomo: sperava che col tempo avrebbero trovato un equilibrio. Lo scorso giugno, secondo quanto raccontato dalla madre, aveva addirittura pensato di riprovarci: ma la loro relazione era giunta al capolinea. Lui aveva ripreso a seguirla, a telefonarle con tono minaccioso. E, stando alle ultime notizie, aveva anche assunto un investigatore privato, per pedinarla.

L’uomo, che nelle scorse ore si è presentato spontaneamente ai carabinieri per raccontare loro l’accaduto, sostiene di essere stato ingannato.

Mi aveva detto che stavano insieme – ha dichiarato -. Un giorno di luglio mi contattò nella mia agenzia e mi diede l’incarico. Era un gran brava donna: una lavoratrice dedita alla sua azienda e un’eccellente madre,

La ricostruzione dell’omicidio-suicidio

Poi, la tragedia. Nel tardo pomeriggio di mercoledì la donna aveva raggiunto il 42enne in una zona di campagna tra Marsala e Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. La bambina, però, non c’era: era stata affidata ai nonni paterni. Quando la vittima si era accorta di essere stata ingannata, forse era già troppo tardi: il 42enne le avrebbe sparato almeno tre colpi di fucile, una carabina calibro 22, impedendole di difendersi.

Una volta ripresa l’auto, avrebbe poi guidato verso un viadotto sull’A29, togliendosi a sua volta la vita. Sul corpo della vittima il medico-legale incaricato effettuerà l’autopsia. Si indaga intanto per capire come Reina si fosse procurato l’arma del delitto – e la pistola rinvenuta nella sua auto -, visto che non aveva il porto d’armi.

La disperazione dei familiari della vittima

La famiglia Leo non riesce a capacitarsi di ciò che è accaduto, ma sostiene che la donna avesse sempre più paura di Reina. Forse in cuor suo temeva la possibilità di un gesto così estremo. Il fratello Mauro nelle scorse ore ha dichiarato che chiederà l’affidamento di sua figlia e che lui e sua moglie se ne prenderanno cura. Per il momento non sa che la mamma non c’è più: le è stato detto che è via per lavoro.

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