La Procura di Firenze ha chiesto l’archiviazione delle indagini riguardanti la morte di Sara Scimmi, la ragazza di 19 anni trovata senza vita in circostanze misteriose dopo essere stata travolta da un mezzo pesante a Castelfiorentino, dove abitava. Dai fatti sono passati sei anni esatti: la famiglia, però, non si arrende. E ha già fatto sapere che si opporrà alla richiesta di chiusura del caso: il loro obiettivo è ottenere giustizia.

Morte di Sara Scimmi a Castelfiorentino: la storia

I fatti risalgono al 9 settembre di sei anni fa. La giovane era stata trovata senza vita ai bordi della strada regionale 429 di Castelfiorentino, il piccolo paese in provincia di Firenze dove viveva con la famiglia. Stava rientrando a casa dopo una serata trascorsa in discoteca quando, stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, sarebbe stata travolta e uccisa da un tir lungo la carreggiata. Era in stato di ubriachezza, come accertato dall’autopsia.

Sono tanti però gli interrogativi rimasti aperti sul caso. Dopo l’apertura di un primo fascicolo d’inchiesta per omicidio stradale (fascicolo che ha portato a processo il camionista Mirko Morelli), la Procura di Firenze ne aveva aperto un secondo per omicidio volontario. L’ipotesi era che la ragazza potesse essere stata aggredita (sotto le sue unghie furono trovate tracce di due Dna maschili, la zip dei suoi pantaloni era abbassata) e poi trasportata sul luogo del ritrovamento. E che lì, poco dopo, fosse stata investita.

Anche perché non furono mai trovati, ad esempio, l’orologio e l’anello che la giovane – come si può vedere in alcune foto scattatele in discoteca – indossava. Dove sono finiti? È una delle domande che ancora ci si pone.

Chiesta l’archiviazione del caso. La famiglia si oppone

Anche quel fascicolo d’inchiesta era stato chiuso, per mancanze di prove. Poi, negli scorsi mesi, ne era stato aperto un terzo, sempre per omicidio volontario (a carico di ignoti). La Procura ne ha di recente chiesto l’archiviazione, scatenando l’ira dei familiari di Sara che, da ormai sei anni, chiedono giustizia.

I nostri avvocati stanno lavorando all’atto di opposizione all’archiviazione, e la nostra battaglia non si fermerà mai, dovessi portare il caso davanti la Corte Europea per i diritti dell’uomo,

ha dichiarato il padre Antonio Scimmi al quotidiano La Nazione, spiegando che

non è mai stato chiarito come Sara sia arrivata nel punto in cui è stata trovata, in mezzo alla strada (e in una posizione innaturale, secondo gli esperti, ndr). C’è un vuoto da colmare che è determinante per fare giustizia sulla vicenda.

L’altro mistero riguarda la chiusura del profilo Facebook della ragazza poche ore dopo la sua morte: chiusura mai richiesta al gestore ed effettuata prima che ne fosse comunicato il decesso. Elementi che secondo la famiglia andrebbero chiariti, prima di poter mettere la parola “fine” alle indagini.

La richiesta di archiviazione è un brutto regalo che arriva nell’anniversario del sesto anno dalla tragedia – ha aggiunto il padre -. Potevano aspettare almeno qualche giorno in più.

Le ha fatto eco la sorella della vittima che sui social ha scritto:

Troppo brutto, troppo pesante, troppo ingiusto. Sei anni senza nessuna giustizia. Settembre l’ho catalogato come il mese peggiore, quello che odio quello che sancisce un altro anno senza te. Avrei preferito non dovermi abituare all’ingiustizia. Sei sempre con me, ma sempre un po’ più lontana ed è così ingiusto. Manchi, manca tutto di te. Non passerà mai la voglia di renderti giustizia nel senso più profondo che questo vuol dire.

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