Si aprirà venerdì prossimo, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Bolzano, il nuovo processo a carico di Benno Neumair, già condannato all’ergastolo per l’omicidio dei genitori Peter e Laura. L’obiettivo degli avvocati che lo difendono, Flavio Moccia e Angelo Po, è ribaltare il giudizio sull’imputabilità del 33enne, ritenuto capace di intendere e di volere ma affetto da un grave disturbo della personalità. Per questo hanno chiesto che venga sottoposto a una nuova risonanza magnetica.

Benno Neumair, verso il processo d’Appello: in primo grado fu condannato all’ergastolo

Ergastolo con isolamento diurno per un anno, spese e tasse a carico. Questa la pena che, lo scorso 19 novembre, la Corte d’Assise di primo grado di Bolzano aveva riconosciuto a Benno Neumair, il 33enne finito a processo per l’omicidio dei genitori Peter e Laura, consumatosi nel gennaio 2021. Una sentenza che gli avvocati che lo difendono hanno deciso di impugnare, facendone richiesta ad aprile.

I motivi, depositati negli scorsi giorni, sono diversi. Innanzitutto la decisione dei giudici di negare all’imputato la possibilità di essere giudicato con rito abbreviato e poi quella di averlo condannato nonostante lo avessero ritenuto incapace di intendere e di volere al momento del primo omicidio, quello del padre (avvenuto, secondo Benno, dopo che l’uomo lo aveva svegliato).

L’obiettivo è ribaltare il giudizio sulla sua imputabilità. Per questo hanno chiesto che venga sottoposto a una nuova risonanza magnetica. Esame che, nel corso del processo di primo grado, aveva messo in evidenza, nel cervello dell’imputato,

l’assenza di materia grigia, dunque di materia celebrale,

nella zona destra dell’ippocampo. Degenerazione correlata da alcuni esperti all’incapacità di controllarsi. A renderlo noto è il Corriere della Sera.

Il delitto e le successive indagini

Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Benno avrebbe strangolato i genitori con un cordino da arrampicata nel loro appartamento di via Castel Roncolo, a Bolzano, il 4 gennaio 2021, gettandone i corpi nelle acque del fiume Adige. I rapporti tra loro erano complicati: a causa delle condizioni di salute del giovane – che, dopo un ricovero coatto in Germania avrebbe dovuto curarsi, ma si rifiutava – litigavano spesso. Non si fidavano di lui e ne avevano timore, tanto da chiudere la porta della camera a chiave quando la sera andavano a dormire.

Un timore fondato. Il 5 gennaio il ragazzo ne aveva denunciato la scomparsa, raccontando ai carabinieri della caserma vicino casa che erano andati a farsi una passeggiata in montagna e non avevano mai fatto ritorno. Si era subito ipotizzato che potessero essere rimasti vittime di un incidente. Poi, dall’analisi delle celle telefoniche era emerso un dato importarte: i telefoni cellulari delle vittime risultavano spenti già dalla sera prima. I sospetti, a quel punto, si erano concentrati proprio su Benno, l’ultimo ad averli visti.

Il 18 gennaio era stato iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio plurimo e occultamento di cadavere. Nonostante i tentativi di depistaggio, infatti, molte tracce avevano condotto a lui: il ritrovamento di una tanica di acqua ossigenata (usata per ripulire la scena del crimine) all’interno della sua auto – poco prima che riuscisse a raggiungere un autolavaggio -; ma anche l’analisi del suo cellulare, agganciato vicino al ponte Ischia Frizzi, dove erano state rinvenute delle tracce di sangue sulla neve.

Da lì i corpi delle due vittime sarebbero stati gettati nel fiume, secondo gli inquirenti. Sarebbero emersi solo tempo dopo: prima quello di Laura, il 6 febbraio; poi quello di Peter, il 27 aprile successivo. A quel punto Neumair si era già costituito.

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