C’è una domanda ricorrente che gli automobilisti si chiedono in questi tempi: perché il prezzo della benzina sta aumentando e non accenna a fermarsi? L’OPEC+, il potente cartello petrolifero che unisce diversi produttori principali come Russia e Arabia Saudita, ha recentemente rivisto la sua strategia. La mossa ha portato le quotazioni del petrolio a oscillare intorno ai 90 dollari al barile in un breve periodo, una tattica apparentemente rivolta a rafforzare le finanze dei paesi esportatori e a sostenere i loro piani di investimento. Ma quale è l’effetto collaterale su paesi altamente dipendenti dalle importazioni di petrolio, come l’Italia?
Perché il prezzo della benzina sta aumentando: le fluttuazioni stanno diventando un problema per i consumatori
Durante i mesi estivi, l’Italia ha infatti osservato notevoli fluttuazioni nel prezzo della benzina. Queste variazioni sono state particolarmente evidenti durante i periodi di vacanza, alimentando sospetti di pratiche speculative. Questa preoccupazione è stata ulteriormente rafforzata dalle dichiarazioni dell’Assoutenti, un’organizzazione no-profit focalizzata sulla difesa dei diritti dei consumatori.
Con l’arrivo dell’autunno, sia i conducenti privati sia le aziende di trasporto hanno infatti espresso preoccupazioni per l’impatto economico. Assoutenti ha stimato che gli italiani potrebbero finire per spendere fino a 100 euro in più per il carburante a causa di questi aumenti.
Furio Truzzi, presidente dell’organizzazione, ha sottolineato come il contesto economico attuale, con un’alta inflazione e l’aumento dei prezzi dei carburanti, influenzi negativamente la fiducia dei consumatori. Ha inoltre esortato il governo a considerare misure per contenere questi prezzi, come una riduzione delle accise sulla benzina.
Le associazioni dei consumatori, quindi, non sono rimaste in silenzio di fronte a queste dinamiche. Molti sostengono che ci siano speculazioni nel mercato della distribuzione dei carburanti. Le cifre parlano da sole: un pieno di benzina o gasolio oggi costa notevolmente di più rispetto a pochi mesi fa, mettendo ulteriormente sotto pressione il bilancio delle famiglie italiane.
Perché il prezzo della benzina sta aumentando: breve analisi dei dati
Il petrolio greggio, essendo la materia prima per la produzione di benzina, svolge un ruolo fondamentale nella determinazione dei prezzi al dettaglio. Esso viene scambiato in dollari, e questo significa che ogni fluttuazione del tasso di cambio tra euro e dollaro può influenzare direttamente i prezzi che paghiamo alla pompa.
Per dare un’idea dell’entità dell’aumento, possiamo guardare ai dati più recenti. Rispetto al periodo settembre-dicembre 2022, i prezzi della benzina hanno mostrato un aumento significativo, raggiungendo un prezzo medio di 1,947 euro al litro. Questo rappresenta un aumento del +7,7% in soli tre mesi. Similmente, i prezzi del diesel hanno mostrato un incremento del +12%. Queste cifre tradotte in termini pratici significano che un pieno medio di benzina ora costa 7 euro in più, mentre il diesel è aumentato di 10 euro.
Accise: una peculiarità italiana
Uno dei principali fattori che contribuiscono al costo del carburante in Italia sono le accise. Queste tasse rappresentano una quota significativa di ciò che paghiamo per un litro di benzina o diesel. Nel contesto europeo, l’Italia si posiziona in una fascia alta per quanto riguarda le imposte sul carburante.
Le accise, per natura, sono imposte indirette sul consumo e sulla vendita di determinati prodotti, tra cui carburanti, alcol e tabacco. Anche se le normative dell’UE stabiliscono linee guida per l’applicazione delle accise, ogni Stato membro ha una certa flessibilità nella determinazione delle proprie aliquote.
Il dibattito sull’opportunità di ridurre le accise per alleggerire il peso sui consumatori è attualmente al centro dell’attenzione politica. Tuttavia, il governo Meloni ha chiaramente espresso la sua posizione, sottolineando che una riduzione delle accise avrebbe un impatto significativo sul bilancio statale. Questo si traduce in un conseguente bisogno di compensare la perdita di entrate con altre forme di tassazione, una prospettiva poco allettante in un periodo economicamente delicato.