La pandemia da Covid-19 in Italia ha portato le sue conseguenze anche nell’istruzione, soprattutto tra i minori più svantaggiati: a sottolinearlo è una ricerca di Save the Children.

L’ong ha pubblicato una ricerca in corrispondenza con la ripresa dell’anno scolastico, il primo dalla fine dell’emergenza sanitaria dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il rapporto è intitolato “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”.

Sotto la lente d’ingrandimento ci sono gli investimenti nel nostro Paese nel post Coronavirus. La percentuale di Pil investita nell’istruzione è scesa al 4,1%. Un dato al di sotto della media europea del 4,8%, che denota una certa carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno.

A proposito della mensa scolastica, per citare un esempio, secondo i dati diffusi da Save the Children soltanto metà degli alunni della scuola primaria la frequenta (54,9%, contro il 51% dell’anno scolastico 2017/2018).

Nel mirino anche la dispersione scolastica, ossia il mancato conseguimento entro certi tempi dell’istruzione obbligatoria. Anche questo dato in Italia risulta superiore rispetto alla media europea. L’8,7% di studenti, poi, si trova in condizione di dispersione implicita. Si tratta di alunni che, pur avendo ottenuto il diploma, non raggiungono le competenze necessarie in italiano, matematica e inglese.

Indagine di Save the Children sulle scuole in Italia: meno opportunità di istruzione per i giovani immigrati

A causa del calo demografico, nella scuola italiana diminuiscono sempre più gli alunni. Il confronto rispetto a sette anni fa è impietoso: quasi 71.000 bambini in meno tra i banchi delle elementari.

Sono più di 800mila i minori non italiani, oltre il 10% degli iscritti alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie. Molti studenti stranieri, però, conservano difficoltà rispetto ai compagni: hanno meno opportunità, spesso sono collocati in classi inferiori e finiscono per non essere ammessi agli anni successivi o per abbandonare gli studi.

A tal proposito, Save the Children ha lanciato una campagna per conferire la cittadinanza ai minori stranieri nati o cresciuti in Italia. Una battaglia ribadita Daniela Fatarella, direttrice generale della ong.

I bambini, le bambine e gli adolescenti, italiani di fatto, ma non per legge, sono più di 800 mila nelle nostre scuole e in costante crescita, ma non beneficiano delle stesse opportunità di sviluppo dei loro coetanei italiani. Il loro percorso formativo è segnato da ostacoli e difficoltà che si manifestano fin dall’infanzia, a partire dall’accesso ai servizi, all’accertamento della carriera scolastica, al riconoscimento della validità dei titoli conseguiti in un altro Paese o alla piena partecipazione alle attività scolastiche e extrascolastiche. Per questo, sono necessari interventi e politiche ampie che sostengano nella scuola e nella società le opportunità date da una società multiculturale e consentano di far fiorire i talenti di tutte le studentesse e gli studenti, cosa di cui, peraltro, il nostro Paese ha un enorme bisogno per il suo sviluppo.

Dello stesso avviso è Raffaela Milano, direttrice programmi Italia Europa di Save the Children, che auspica “una riforma legislativa che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese”.