Arrivano le motivazioni della sentenza che ha condannato il latitante Rassoul Bissoultanov, autore dell’omicidio di Niccolò Ciatti, a 23 anni di carcere e non all’ergastolo. Il giovane di Scandicci, ammazzato di botte a Lloret de Mar, fu ucciso “senza crudeltà”.
A stabilirlo i giudici della Corte d’appello di Roma, che si focalizzano anche sui “futili motivi” dell’omicidio, a loro dire non dimostrabili. Allo stesso modo dei colleghi di primo grado, insomma, i giudici non hanno riconosciuto le aggravanti, contraddicendo la Procura generale che aveva chiesto l’ergastolo.
Il 22enne fu ucciso a suon di calci e pugni all’esterno di una discoteca nella città della Costa Brava della Catalogna, in Spagna. Secondo il medico legale che ha seguito le indagini, Niccolò morì per un trauma “causato da un violento calcio alla testa“. Una forte botta che gli provocò un “edema cerebrale“.
Motivazioni sentenza omicidio Niccolò Ciatti: perché secondo i giudici la crudeltà e i futili motivi non sussistono
Per quanto riguarda l’aggravante della crudeltà, i magistrati sottolineano come sia “del tutto insussistente“. La Corte d’appello ritiene che “la condotta aggressiva dell’imputato, iniziata con un pugno al volto, si è esaurita con il calcio alla tempia che ha cagionato la morte del Ciatti”.
Secondo i giudici, quindi, la violenza non risulta “eccedente rispetto alla normalità causale”, cioè “la volontà di uccidere”, e alla vittima non sarebbero “state inflitte ulteriori e inutili sofferenze”.
Capitolo futili motivi: pur considerati “ragionevoli”, nella sentenza della Corte d’appello non sono ritenuti dimostrabili. Questo perché il movente non risulta “identificato con certezza” e “non è stato in alcun modo accertato”.
Neppure i testimoni, ossia chi era nel locale al momento dell’omicidio, compresi gli amici di Niccolò, sono stati in grado di indicare la causa del diverbio tra la vittima il suo aggressore.
A proposito del movente, l’ipotesi è quella che “il contrasto sia avvenuto per un urto involontario o per una incomprensione tra i due, avuto riguardo allo spazio ristretto, alla folla di giovani presenti nel locale e anche, però, allo stato di ebbrezza alcolica dello stesso Ciatti e dei suoi amici”.
Pur riconoscendo che la successiva condotta tenuta dall’imputato è improntata a incongrua violenza, ogni supposizione, per quanto verosimile, non è sufficiente ad integrare la contestata aggravante, in assenza di sicuri elementi di prova, idonei alla identificazione certa delle ragioni del diverbio iniziale e del movente del reato.
In definitiva, i futili motivi restano l’ipotesi più verosimile anche secondo la stessa Corte, che parla di violenza “cieca e brutale”. Ciononostante non vi sono elementi sufficienti per stabilirlo con certezza.
L’imputato resta latitante: Bissoultanov ricercato in Europa
L’assenza di crudeltà e futili motivi non vanno certo ad alleggerire le responsabilità dell’imputato, condannato a 23 anni di reclusione. Secondo i magistrati, anzi, Bissoultanov ha agito per uccidere.
L’imputato, al momento in cui sferra il violento calcio alla testa, contro un corpo ormai inerme e indifeso, intende fare il più male possibile alla vittima, è ben consapevole della elevata potenzialità lesiva di tale condotta e tuttavia, pur rappresentandosi l’evento più grave come probabile, agisce nella piena accettazione che da tale condotta possa derivare la morte del soggetto passivo.
Tuttora latitante, il ceceno ha fatto perdere le proprie tracce dopo la sentenza di primo grado in Spagna. Su di lui pendono due mandati d’arresto europei, uno italiano e uno spagnolo.