Secondo Franco Sirianni, titolare della ditta Sigifer di Borgo Vercelli di cui gli operai morti nell’incidente ferroviario di Brandizzo erano dipendenti, i lavoratori sarebbero stati pagati anche in caso di ritardo. Non è vero, quindi, che l’azienda avrebbe fatto pressioni per velocizzare le operazioni di manutenzione dei binari. La Stampa fa intanto il conto dei costi dell’intervento.
Strage di Brandizzo, parla il titolare della ditta coinvolta
Quella notte ero lì. Venticinque minuti dopo mi hanno detto al telefono: ‘È successa una strage’. Sono arrivato in stazione. Mi sono messo su quel binario. Ho visto tutto. E ho pianto.
Così, in un’intervista rilasciata al quotidiano romano La Repubblica, il titolare della Sigifer S.r.l. ripercorre gli attimi immediatamente successivi all’incidente ferroviario che a Brandizzo, vicino Torino, il 30 agosto scorso ha strappato alla vita cinque operai.
Non so nemmeno io come mi sento. Era un lavoro banale, c’era la scorta. Non capisco,
dice, provando a spiegare il punto di vista della ditta di cui i lavoratori erano dipendenti. Stando alle sue parole, il lavoro di manutenzione e sostituzione dei binari in cui gli operai erano impegnati non era di difficile esecuzione e non richiedeva, pertanto, particolari specializzazioni. Di cui comunque alcuni di loro erano in possesso, come Michael Zanera, saldatore qualificato.
Per noi la sicurezza è sempre stata al primo posto – spiega -. I ragazzi lo sapevano. Io non volevo nemmeno che usassero il cellulare durante i lavori, sennò potevano distrarsi. Sono stufo di leggere certe cose che si scrivono di me. Che io non penso alle famiglie. Sono il primo che è arrivato là (sul luogo dell’incidente, ndr).
E ora assicura che gli operai sarebbero stati pagati anche in caso di ritardo.
La questione della mancata interruzione
Dalle indagini coordinate dalla Procura di Ivrea per fare luce sull’accaduto è emerso, infatti, che i cinque avrebbero iniziato a lavorare ben prima che la circolazione ferroviaria sulla linea interessata fosse interrotta. Una prassi, secondo alcuni ex dipendenti sentiti negli scorsi giorni, per velocizzare i lavori ed evitare che l’azienda dovesse pagare delle penali.
Per la vicenda sono finiti sotto inchiesta per disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale due persone: non solo Antonio Massa, il tecnico di Rete Ferroviaria Italiana incaricato di fare da “scorta” al gruppo, che, secondo quanto ricostruito, avrebbe permesso agli operai di andare sui binari ben prima del previsto, ma anche Andrea Girardin Gibin, il capocantiere, che avrebbe dovuto rifiutarsi di mettere a rischio i suoi uomini.
Il costo dei lavori
Mentre le indagini proseguono, La Stampa in un pezzo fa il conto del subbapalto Sigifer. Conto da cui emerge che la ditta – che avrebbe dovuto incassare circa 50 euro al metro (più 200 per ogni ora di saldatura) – avrebbe ottenuto, in totale, dal lavoro, 750 euro, considerando che il materiale le era stato fornito da Rfi. L’ad Gianpiero Strisciuglio, sentito in audizione alla Camera, ha confermato che
si trattava di un subappalto che, conformemente alla normativa vigente, è stato autorizzato da Rfi previa positiva verifica dei requisiti generali, tecnici ed organizzativi.
Gli operai venivano pagati circa 25 euro lordi l’ora. Secondo i sindacati quella sera si erano recati a Brandizzo perché il lavoro che avrebbero dovuto effettuare, a Orbassano o Lingotto, era improvvisamente saltato. Avrebbero dovuto rimanerci per circa due ore. Poi, la tragedia, con il convoglio arrivato a 160 chilometri orari nel tratto in cui si trovavano. Un passaggio che a Massa era stato annunciato per tre volte dalla dirigente movimento di turno a Chivasso.