Riforma delle pensioni uscita a 60 anni di età con il contributivo per tutti? Il film della riforma delle pensioni è uno di quelli già visti più e più volte. Si allontana la possibilità di ritirarsi dal lavoro, accedendo a un’uscita maggiormente flessibile, non penalizzante e che rispecchi le esigenze di coloro che hanno il diritto di andare in pensione dopo una vita spesa sul lavoro. Si percepisce sempre di più la presenza ingombrante della legge Fornero. La finzione del superamento della riforma più odiata dell’ultimo decennio è giunta al capolinea. La rivoluzione previdenziale tanto attesa è sfumata senza neanche un vero dibattito. D’altronde, il problema di Opzione donna, Quota 41 per tutti, Quota 103 e Ape sociale non è stato risolto. Dove non c’era più speranza è spuntata la pensione anticipata contributiva per tutti. Analizziamo nel dettaglio i nuovi sviluppi della riforma delle pensioni del 2024.
Riforma pensioni uscita a 60 anni di età con il contributivo per tutti?
Il sistema pensionistico italiano si basa sulle disposizioni normative introdotte dalla Riforma Fornero, più nota come la riforma “lacrime e sangue” del 2012. L’introduzione di queste norme ha cancellato i pochi vantaggi previdenziali esistenti, generando un filone di incertezze per il futuro.
Il problema più evidente e quello più contrastato nell’ultimo decennio è l’innalzamento dell’età pensionabile, che oggi raggiunge i 67 anni di età. La flessibilità delle “quote” ha permesso il collocamento a riposo agganciato all’uscita anticipata in base ai requisiti anagrafici e contributivi, misure che hanno cercato di mitigare gli effetti della legge Fornero.
Negli anni addietro sono state fatte molte promesse per il superamento di questa riforma è successo, quasi a tutti gli esponenti politici di turno fingere di voler abolire il sistema Fornero. Quindi, siamo ancora ben lontani dalla riforma delle pensioni a 60 anni di età con il contributivo
Perché non sarà tolta la legge Fornero?
Per l’Italia, ieri come oggi, eliminare la legge Fornero è un danno certo, dal momento che Il governo italiano, nell’ultimo decennio, ha risparmiato circa 80 miliardi di euro. La legge Fornero corrisponde a un terzo dei risparmi extra accumulati fino al 2060.
La riforma introdotta con l’articolo 24 del D.lgs. 201/2011, successivamente convertito e modificato nella Legge 214/2011, contribuisce a garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale.
I conti sono belli e fatti, nel 2020 sono stati risparmiati circa 22 miliardi di euro, corrispondenti a oltre l’1,4% del PIL. Le previsioni future vertono su una riduzione progressiva fino allo 0,8% del PIL entro il 2030, con una visione che porta all’azzeramento entro il 2045.
Allo stato dei fatti, la legge Fornero annota solo vantaggi per il sistema previdenziale italiano, e sarebbe impensabile depotenziarla proprio nel momento di maggiore beneficio. Ripristinare le regole pensionistiche precedenti alla Fornero è una finzione, un progetto irrealizzabile.
Tradotto in breve, il governo italiano, per il superamento di questa riforma, dovrebbe introdurre una misura molto più costosa rispetto alla Quota 100, 102 e fino all’Ape sociale, un progetto che non rientra nelle corde del governo italiano.
D’altronde, la recente notizia diramata dagli esponenti di maggioranza politica sull’introduzione di misure in linea con i conti pubblici ha innescato un dibattito infinito sull’assenza di misure adeguate per garantire l’uscita dal lavoro.
Tuttavia, nelle ultime ore emergono nuovi risvolti che portano alla pensione 60 anni di età con il sistema contributivo per tutti.
Quando si è passati dal retributivo al contributivo?
Contrariamente a quanto si possa immaginare, la riforma Fornero non ha introdotto il sistema contributivo. Infatti, la Legge 8 agosto 1995, n. 335 di “riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, più nota come la riforma Dini, è l’artefice del sistema di calcolo contributivo, che prevede la totale applicazione del sistema contributivo nei confronti di tutti i lavoratori assicurati a partire dal 1° gennaio 1996.
Chi va in pensione con il sistema contributivo?
Chiariamo sin da subito che rientrano nel sistema contributivo i lavoratori che, al 31 dicembre 1995, non hanno maturato un’anzianità contributiva a loro favore.
La pensione contributiva viene calcolata con l’accumulo contributivo maturato a partire dal 1° gennaio 1996. Ciò significa che tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo questa data avranno una pensione calcolata con il solo sistema contributivo.
Sicuramente, il sistema contributivo è meno vantaggioso del sistema retributivo e misto, ma contiene anche altri requisiti previdenziali. È possibile, infatti, accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età con 20 anni di contributi.
Si tratta di un trattamento economico riconosciuto a coloro che hanno un’anzianità contributiva maturata dopo il 31 dicembre 1995. A fronte dell’uscita anticipata a 64 anni di età viene correlato un assegno fino a 2,8 volte il trattamento minimo.
Inoltre, il sistema contributivo permette anche di optare per lo scivolo a 58 e 59 anni di età riservato alle donne.
Tuttavia, dal 2023 il requisito anagrafico è stato innalzato a 60 anni di età con 35 anni di contributi e un assegno calcolato con il sistema contributivo. In questo caso, la scelta dell’uscita anticipata viene pagata dall’aggancio al sistema contributivo anche per la contribuzione che ricade nel sistema misto. Quindi, ci avviciniamo alla riforma delle pensioni a 60 anni di età con il contributivo.
A cosa è collegata la futura pensione a 60 anni con il sistema contributivo?
Con il regime contributivo, la pensione a cui si ha diritto viene agganciata all’accumulo contributivo maturato nell’arco della carriera lavorativa e viene slegata dal sistema retributivo, che prende in considerazione gli stipendi maturati nell’ultimo periodo.
Il continuo botta e risposta sulla riforma delle pensioni mescola le carte in tavola di continuo, tanto che mentre si parla di una proroga di Quota 103 e del rinnovamento dell’anticipo pensionistico Ape sociale per il 2024, viene rispolverata anche l‘ipotesi dell’estensione di Opzione donna per tutti i lavoratori.
Una misura che, se letta in controluce, potrebbe rappresentare la svolta tanto attesa, in quanto permetterebbe un ritiro dal lavoro a 60 anni di età con 35 anni di contributi. Una misura flessibile, ma molto penalizzante, con una perdita di circa il 30% sull’assegno pensionistico.
E dunque, partendo dalla possibile introduzione di questa misura e l’immissione di un tetto più basso dell’assegno, sotto 2,8 volte l’assegno sociale. Questa misura potrebbe diventare attraente e sostenibile, soprattutto perché includerebbe anche coloro che rientrano nel sistema misto, che verrebbe accorpato al sistema contributivo.