Emergono nuovi, inquietanti dettagli sull’omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne di Sant’Antimo (Napoli) accoltellata mentre era incinta di sette mesi dal compagno Alessandro Impagnatiello. Dopo aver scoperto nei tessuti della giovane – e nei capelli fetali del bimbo che portava in grembo – tracce di bromadiolone, il principio attivo del veleno per topi, attraverso le ricerche effettuate online dal 30enne reo confesso del delitto gli inquirenti hanno ripercorso il suo piano criminale. Arrivando a stabilire che avrebbe tentato di avvenelenarli per mesi.

Omicidio Tramontano, le ricerche shock di Impagnatiello mentre aspettava Giulia

E che, nell’ultimo mese e mezzo prima dell’omicidio, consumatosi a Senago il 27 maggio scorso, avrebbe aumentato la somministrazione delle sostanze usate: non solo veleno, ma anche ammoniaca e cloroformio. Voleva sbarazzarsi di loro perché li viveva come un “peso” alle sue ambizioni lavorative e perché, da oltre un anno, frequentava anche un’altra donna, all’insaputa di entrambe: una collega italoamericana di 23 anni.

La stessa che, dopo aver scoperto le sue bugie, si sarebbe messa in contatto con Giulia, dandole appuntamento all’Armani Bamboo bar di Milano, dove anche Impagnatiello lavorava, come barman, per raccontarle tutto. Le immagini delle telecamere di sorveglianza installate nei pressi di una delle uscite del locale le riprendono in un commovente abbraccio, poco prima dell’omicidio.

Ma il piano del 30enne sarebbe iniziato molto prima, a dicembre. A novembre aveva scoperto che la compagna aspettava un bambino. Lui, già padre di un figlio e legato all’altra ragazza, aveva provato a convincerla ad abortire, dicendole di non sentirsi pronto (come si scoprirà aver fatto anche con la collega). Poco dopo avrebbe iniziato a cercare sul web gli effetti che l’ammoniaca e il veleno per topi avrebbero potuto avere sul feto.

Era il 12 dicembre. Il 14 Giulia si lamentava con un’amica dei suoi continui dolori allo stomaco, e con la madre di aver avvertito un forte odore di ammoniaca provenire da una bottiglia d’acqua appena acquistata al supermercato. A gennaio Impagnatiello cercava, ancora:

Quanto veleno per topi necessario per uccidere una persona.

Gli ultimi mesi prima del delitto

In quel periodo, stando a quanto emerso nel corso delle indagini, Impagnatiello avrebbe parlato a Giulia del suo tradimento, non entrando, comunque, nei dettagli. La giovane, sconvolta, avrebbe allora ripensato all’aborto, ma i termini erano già scaduti. Lo aveva perdonato, pensando che potesse cambiare.

Il 5 febbraio, mentre l’aspettava all’aeroporto di ritorno da Napoli (aveva trascorso qualche giorno con la sua famiglia), lui sul web cercava:

Come comprare cloroformio online.

La ricevuta d’acquisto – sotto falso nome – è datata 16 febbraio. Il resto della storia è purtroppo nota: Giulia avrebbe continuato ad accusare forti fastidi allo stomaco, cercando rimedi online. Ai familiari avrebbe addirittura confessato di “sentirsi come drogata”. Una situazione che sarebbe peggiorata ad aprile. Poi, il 27 maggio, la tragedia.

Impagnatiello avrebbe atteso il suo rientro dall’incontro “chiarificatore” con l’altra donna per colpirla a morte. Lo avrebbe fatto mentre lei era di spalle, impedendole di difendersi. 37, secondo l’autopsia, le coltellate che le avrebbe inferto. Al culmine delle quali la 29enne sarebbe morta dissanguata. Poi i tentativi di disfarsi del cadavere, bruciandolo prima nella vasca da bagno e poi nel box auto.

L’avrebbe abbandonato il 31 maggio in un’intercapedine a poco più di 500 metri dalla casa in cui convivevano. A dimostrarlo è un filmato che riprende la sua T-Roc bianca nel viaggio di andata e di ritorno. È accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza. Rischia l’ergastolo.

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