Le persone affette da gravi patologie vengono aiutate dallo Stato: si tratta della famosa indennità di accompagnamento, ma cosa fare in caso di revoca? L’indennità viene riconosciuta a chi è affetto da gravi patologie tali da non poter compiere gli atti di vita quotidiana o deambulare in autonomia.

Si deve anche pensare che i sussidi che eroga lo Stato non sono permanenti e illimitati e, spesso, possono essere revocati. Anche l’accompagnamento può essere a rischio. Per questo, nel testo, andremo a spiegare cosa fare in caso di revoca.

Cosa fare in caso di revoca dell’indennità di accompagnamento?

Alle persone che soffrono di gravi patologie tali da non essere autonomi nella deambulazione e nello svolgimento delle normali attività quotidiane, lo Stato riconosce l’indennità di accompagnamento. Si tratta di una prestazione economica che viene erogata mensilmente, che non concorre alla formazione di reddito e che non è neppure pignorabile.

Così come molte altre prestazioni, non si tratta di un aiuto permanete. Ciò vuol dire che anche se viene riconosciuto in un primo momento, non bisogna pensare che non possa essere revocato.

La revoca, però, avviene nelle seguenti occasioni:

  • Quando l’indennità viene riconosciuta a termine, alla cui scadenza ci si deve sottoporre ad una nuova visita, la quale non conferma l’esito del primo accertamento;
  • Quando viene riconosciuto a tempo indeterminato, l’INPS sottopone il beneficiario a visite a sorpresa, dalle quali rileva che non sussistono più le condizioni per beneficiarvi;
  • Il soggetto rifiuta di sottoposti agli accertamenti sanitari.

Cosa fare in caso di revoca? L’unica soluzione è fare ricorso in tribunale, chiedendo al giudice l’accertamento del requisito sanitario che giustifica la permanenza dell’indennità.

In alternativa, però, è anche possibile presentare una nuova domanda all’Inps, ricominciando la procedura amministrativa che permette il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

A chi spetta e chi lo riconosce

L’indennità di accompagnamento viene erogata mensilmente ai seguenti soggetti:

  • Mutilati;
  • Invalidi totali.

A questi soggetti deve essere accertata:

  • L’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore;
  • L’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita.

L’indennità prescinde da ogni requisito economico e viene riconosciuta indipendentemente dall’età. Nel 2023, l’importo dell’indennità è pari a 527,16 euro per dodici mensilità. Il pagamento viene sospeso in caso di ricovero ospedaliero che è totalmente a carico dello Stato, per un periodo di tempo superiore a 29 giorni.

Chi riconosce l’accompagnamento? L’indennità di accompagnamento viene riconosciuta dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Tutti coloro in possesso dei requisiti, per ottenere l’indennità, devono presentare una specifica domanda. Pertanto, non si tratta di una prestazione riconosciuta d’ufficio, ma deve essere il diretto interessato a richiederla.

Come si presenta la domanda per avere l’accompagnamento

Il primo passo per richiedere l’indennità è recarsi dal proprio medico di base e chiedergli di redigere e trasmettere all’Inps il certificato medico telematico.

Nel certificato, il medico attesta le patologie dalle quali è affetto il paziente e che, secondo il suo parere, potrebbero giustificare il riconoscimento della prestazione.

Dall’invio del certificato medico, entro 90 giorni di tempo, si deve presentare domanda all’Inps, in modo tale che il richiedente venga convocato a visita per l’accertamento dei presupposti che potrebbero legittimare il riconoscimento dell’indennità. Come presentare la domanda? È possibile presentarla personalmente oppure avvalendosi dell’assistenza di un ente di Patronato.

L’ultimo passo è la convocazione a visita presso la Commissione medica dell’Inps, che dovrà valutare le condizioni e i presupposti del richiedente.

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