Giunge oggi al termine il 43esimo viaggio apostolico di Papa Francesco, primo papa a essersi recato in Mongolia, un Paese dove la comunità cattolica è circoscritta, ma rilevante. All’aeroporto internazionale Chinggis Khaan di Ulaanbaatar ha avuto luogo la cerimonia di congedo dalle autorità della Mongolia e il pontefice anche il Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, il Cardinale Giorgio Marengo. Il Ministro degli Esteri ha accolto il Pontefice nella Vip Lounge per un breve colloquio. Subito prima di imbarcarsi e salendo per ultimo a bordo per concludere i saluti, il Papa si è rivolto al seguito locale e alla delegazione mongola.

Papa, la visita alla Casa della Misericordia durante il viaggio apostolico in Mongolia

Durante l’ultimo giorno del viaggio apostolico, il Papa ha visitato e inaugurato, come è solito fare, una struttura di solidarietà, la “Casa della Misericordia” situata nella capitale Ulaanbaatar. La Casa della Misericordia si occupa dell’accoglienza dei poveri e dei più bisognosi, disponendo anche di una piccola clinica. Il Pontefice ha lodato il nome dato alla struttura, il quale è anche la “definizione della Chiesa”. Alla base di tale realtà, dev’esserci un’opera di volontariato, qualcosa che in un Paese pieno di giovani “può essere una via di crescita personale e sociale decisiva”. 

Il Pontefice ha colto l’occasione per sottolineare quanto siano fondamentali strutture di aiuto come quella da lui inaugurata e come queste siano la vera cartina tornasole del progresso dei Paesi:

Anche nelle società altamente tecnologizzate e con un alto standard di vita, il sistema della previdenza sociale da solo non basta a erogare tutti i servizi ai cittadini, se in aggiunta non ci sono schiere di volontari e volontarie che impegnano tempo, capacità e risorse per amore dell’altro. Il vero progresso delle nazioni, infatti, non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente.

Appare dunque lodevole il lavoro dei missionari arrivati negli anni Novanta e che nel tempo hanno sviluppato numerosi progetti, andando a realizzare così una struttura che è un vero e proprio modello e “punto di riferimento per una molteplicità di interventi caritativi, mani tese verso i fratelli e le sorelle che faticano a navigare tra i problemi della vita”.