“Non siamo noi sbagliate, lo sono certi uomini”: è questo il messaggio racchiuso all’interno della lettera scritta dalla 19enne vittima dello strupro di gruppo di Palermo alla trasmissione televisiva Zonabianca, andata in onda ieri, 3 settembre, su Retequattro. La ragazza, da poco trasferita in una comunità protetta fuori dal capoluogo siciliano, si è rivolta alle donne che hanno subìto la sua stessa sorte, chiedendo loro di resistere e di provare ad andare avanti, nonostante il dolore. Lei, ha detto, cercherà di farlo per sua madre.

La lettera della 19enne vittima dello stupro di Palermo: la denuncia

Molte donne hanno paura di denunciare per vergogna. Non dobbiamo essere noi a vergognarci, ma chi osa sfiorarci senza il nostro consenso. Ho letto di ragazze che dopo quello che è successo a me non vogliono più uscire… ma perché privarci di uscire? Perché noi?

Se lo chiede, in una lettera indirizzata alla trasmissione televisiva di Rete 4 Zona Bianca, la giovane che qualche settimana fa ha trovato il coraggio di denunciare la violenza di gruppo subìta a Palermo nella notte tra il 6 e il 7 luglio e per cui sono finiti in carcere sette ragazzi.

Ci sono donne che dopo aver denunciato vengono uccise o sfregiate e di certo nessuno vuole rischiare tutto ciò – prosegue -. Se ci fosse più tutela e una legge più incisiva, gli uomini stessi ci penserebbero due volte prima di fare una cosa simile. Molto spesso per loro è un semplice sfogo, ma se si parlasse di ergastolo o comunque di tanti di anni di carcere, ci penserebbero due volte anzi 20 prima di toccare una donna […]. Ho sentito parlare di ‘rieducazione’ per gli stupratori. Come si fa a pensare di rieducare una persona e lasciarla nuovamente in giro dopo che ha rovinato una ragazza?

La 19enne è stata da poco trasferita in una comunità protetta: sui social, rispondendo a chi la accusava di essere “consenziente” e di aver finto tutto solo per attirare l’attenzione, aveva risposto di aver addirittura pensato di togliersi la vita.

La necessità di andare avanti

Se proverà ad andare avanti, cercando di lasciarsi alle spalle l’accaduto, è per sua madre, scrive nella missiva.

La soddisfazione di rovinare ciò che sarà il mio domani non la darò mai a nessuno […]. Perché lasciarmi condizionare l’esistenza così tanto da persone che vogliono solo questo? Devo andare avanti, voglio farlo, controvoglia, ma devo riuscirci. Non solo perché voglio una vita migliore, ma anche per mia madre, che nonostante fosse molto malata e bloccata a letto, si faceva sempre vedere col sorriso. Non si è mai arresa, dopo decenni passati in sedia a rotelle, non ha smesso un attimo di credere in un futuro in cui potesse camminare nuovamente.

È un esempio, ciò che – nonostante la profonda ferita provocatale da quanto ha subìto – la spinge a pensare che un giorno potrà tornare a vivere e a provare certe emozioni, senza la paura di essere giudicata o toccata di nuovo da un ragazzo.

Alle donne che subiscono violenze vorrei far capire che per quanto sporche si possano sentire, per quanto dolore abbiano potuto provare, c’è sempre una soluzione,

sostiene. La sua speranza è che, denunciando, le donne vittime di violenza possano annientare gli uomini che quella violenza l’hanno provocata, rendendo il mondo un posto migliore per tutti. Il caso che l’ha riguardata ha sconvolto l’Italia, aprendo alla riflessione. Riflessione che, insieme all’educazione (sessuale e non), si fanno sempre più urgenti, se si vuole evitare che nelle giovani vite come quella della ragazza di Palermo qualcosa si spezzi per sempre.

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