The Killer di David Fincher era uno dei film più attesi del concorso di Venezia 80 e in parte non ha deluso. Chi si aspettava di vivere un thriller su un assassino in realtà resterà deluso, perché si tratta del racconto di una parabola di vendetta in cui in un momento tutto può cambiare e anche la macchina più perfetta e meticolosa si può inceppare.

Sicuramente non perde colpi la macchina registica del maestro Fincher, che ha mostrato per l’ennesima volta cosa voglia dire perfezione della messa in scena. Un’opera dunque carica di significato, dove si bilancia anche la parte del racconto introspettivo con alcune sequenze adrenaliniche in cui sembra di entrare all’interno dell’opera.
Il nostro incontro con il regista.

Venezia 80, David Fincher presenta The Killer: “Il mio serial killer non tradizionale”

Cosa succede se un cacciatore privo di emozioni, che uccide a sangue freddo e senza preoccuparsi delle conseguenze e privo di scrupoli morali, come il mondo che lo circonda, vede profanato il suo codice infallibile e la propria vita a rischio da una nemesi spietata quanto lui?

È quello che si domanda The Killer, ultima fatica cinematografica diretta da David Fincher, in Concorso in questa 80ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nuova pellicola giunta dalla Hollywood in sciopero, dopo Ferrari di Michael Mann, in questa Venezia 80 inaugurata dal Comandante di Pierfrancesco Favino.

Il film vede al centro della vicenda un serial killer, ma il regista di Seven e Fight Club ci tiene subito a precisare come il suo protagonista sia ben lontano dalle altre figure simili presenti nella storia del cinema.

“Non credo che sia un film su un assassino, ma rappresenta una voglia di rivincita. Per differenziare questo protagonista da un serial killer più tradizionale, mi piaceva che creasse un suo codice, un piano rigido d’azione, che viene poi smantellato, costringendolo a improvvisare. È un dramma semplice in cui il protagonista crolla passo dopo passo, il suo schema preciso viene interrotto da quei corpi che lascia per strada e che non fanno parte del suo programma”.

Un personaggio, che vede la propria mente – fredda e schematica – vacillare nel momento in cui il suo modus operandi deve fare i conti con l’imprevisto. Un cambiamento che, per Fincher, si rispecchia nell’uso da lui fatto del voice over, la voce interiore del suo Killer che, progressivamente, ne mostra l’irrefrenabile deriva.

“Ho usato altre volte un voice over, ma qui era particolarmente importante perché dà modo di accedere ai monologhi interni del protagonista. Anche se mi viene da chiedermi: come mai intercettando il pensiero di un personaggio in questo modo pensiamo sempre che dica la verità? In realtà molte persone mentono a se stesse. Quindi noi accediamo ai suoi pensieri, ma forse è lui a non accedere al suo subconscio“.

David Fincher e la scelta di Michael Fassbender: “Pop ed elegante”

Per il suo protagonista, Fincher ha voluto Michael Fassbender, specializzato in personaggi freddi e calcolatori (Steve Jobs di Danny Boyle) o affetti da vere e proprie nevrosi (Shame di Steve McQueen).

“Quando questo progetto è diventato realtà non immaginavo nessun altro attore al posto di Michael. Ha un’abilità di essere credibile nel fare cose in grande stile, ma anche nel muoversi in un mondo isolato e limitato, può offrirti quello che ti serve in ogni momento. Riesce a drammatizzare il suo essere sociopatico nel film. Per me è pop ed elegante“.

Su Hollywood: “Cambiate molte cose, sono molto triste”

Dopo aver lodato Tilda Swinton, anche lei nel film (“Tutti vogliono lavorare con lei, è un unicum ed avevo già lavorato con lei ne Il curioso caso di Benjamin Button. Ha 5-6 scene fantastiche“), il regista conclude con una parola sulla situazione attuale di Hollywood, dove i rapporti tra l’industria e i suoi talenti sembra ai minimi storici, come conferma lo sciopero attualmente in corso di sceneggiatori e registi.

Il commento di Fincher è all’insegna della malinconia.

“Non so cosa dire sull’industria cinematografica, ma sono molto triste. Ho girato questo film con la pandemia e in questi tre anni sono cambiate molte cose”.