Si stanno studiando dei nuovi tagli alle pensioni del 2024 dopo quelli già decisi dalla legge di Bilancio del 2023 per finanziare la riforma e aumentare le minime. Larghe fasce di pensionati si troverebbero con meno soldi nel cedolino mensile di pensione, ovvero con un assegno non indicizzato all’inflazione nella misura totale. Ciò significa che l’inflazione crescerà molto di più degli aumenti delle pensioni, per gli assegni più alti anche di tre volte e oltre.
È questo uno degli scenari che potrebbe concretizzarsi dopo due anni di alta inflazione. Il sistema di indicizzazione dei trattamenti previdenziali all’aumento dei prezzi, con le varie fasce di reddito, potrebbe favorire il bis nei confronti degli assegni medio-alti, con la perdita del potere d’acquisto che andrebbe a confermare l’andamento della scorsa legge di Bilancio.
I soldi che il governo risparmierebbe dal taglio di questi assegni servirebbero a finanziare la riforma, in particolare per le variazioni dell’opzione donna, di quota 103 e dell’Ape sociale.
Pensioni, nuovi tagli 2024 per finanziare la riforma e aumentare le minime: ecco chi avrà meno soldi nel cedolino
Nuovi tagli in vista della legge di Bilancio 2024 sulle pensioni medio-alte per finanziare la riforma previdenziale e gli assegni minimi. Il sistema attualmente in vigore per indicizzare le pensioni all’aumento del costo della vita si basa sulle fasce di reddito, delle quali le prime quattro (corrispondenti al quadruplo del trattamento minimo, pari a 2.101,53 euro lordi nel 2022) beneficiano dell’aumento pieno degli assegni all’inflazione. Per fare un esempio, nella legge di Bilancio 2023, a fronte di un tasso di inflazione rilevato dall’Istat del 7,3%, queste fasce avevano visto aumentare le pensioni del 100% di questa percentuale.
Le fasce pensionistiche più alte, invece, hanno dovuto accontentarsi di una percentuale via via inferiore di aumenti. Così, la fascia successiva da 4 a 5 volte il trattamento minimo (da 2.101,53 a 2.627,00 euro lordi) prende un aumento dell’85% rispetto al tasso di inflazione, pari al 7,3%. Il dato definitivo dell’aumento dei prezzi, peraltro, è stato calcolato pari all’8,1%: la differenza dello 0,8% sarà recuperata nel cedolino di gennaio 2024 con relativi arretrati del 2023.
Pensioni tagli 2024 riforma: chi rischia?
Le pensioni che nel 2024 rischiano di finire nel tritacarne della stretta bis sono quelle di importo più alto. Quelle superiori di 6 volte il trattamento minimo (tra i 3.152,28 e 4.203 euro lordi), di 7 volte (tra 4.203 e 5.253,38 euro lordi) e di 8 volte (oltre i 5.253,38 euro lordi), con percentuale rispettivamente del 47%, del 37% e del 32% da moltiplicare per il tasso di inflazione, rischiano – anche nella legge di Bilancio 2024 – di uscire ridimensionate di importo.
Ad oggi il governo non ha ancora preso una decisione su come intervenire sull’indicizzazione delle pensioni ma, di certo, si prospettano nuovi tagli agli aumenti delle pensioni più alte. Dalle prime simulazioni della Ragioneria generale dello Stato e dell’Inps, si punterebbe a rastrellare almeno un miliardo di euro da spostare sulla riforma delle misure previdenziali del 2024.
Stretta per importi di pensione più alti: risorse per opzione donna, Ape sociale e quota 103
Stime più rigorose, punterebbero a risparmiare di più, tra 1,5 e due miliardi di euro, per puntellare l’opzione donna, l’Ape sociale e la quota 103. A tal proposito, la riduzione della percentuale di indicizzazione potrebbe interessare anche la fascia appena superiore a 4 volte il minimo, quella da 2.101,53 a 2.627,00 euro lordi (moltiplicata per l’85%).
Insomma, la coperta sulle risorse da inserire nella legge di Bilancio 2024 è corta. E la voce di spesa relativa all’aumento delle pensioni all’inflazione è quella che graverà maggiormente. Basti pensare che, nella scorsa Manovra, bisognava fare i conti con un aumento dei prezzi di oltre il 7%, mentre le stime della prossima rilevazione dell’Istat prenderebbero in considerazione una percentuale intorno al 6%.