Una crescita meno spedita del previsto, quella dell’economia italiana: lo assicura l’Istat, che ha rivisto al ribasso il Pil per il secondo trimestre del 2023. Il Prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è calato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.
Rispetto al secondo trimestre del 2022 si segnala comunque una crescita dello 0,4%. Alla base della revisione al ribasso della stima diffusa in via preliminare il 31 luglio, spiega l’Istituto, c’è l’andamento della domanda interna. Rivista al ribasso anche la variazione acquisita per l’intero anno 2023: si va dal +0,8% stimato a fine luglio al +0,7% diffuso oggi dall’Istat.
Anche guardando le medie europee si denota una certa flessione nell’economia italiana. L’Istituto paragona il -0,4% registrato dal Pil italiano con quello degli Stati Uniti, cresciuto in termini congiunturali dello 0,6%, della Francia (+0,5%) e della Germania, dove l’aggregato è rimasto stabile.
In termini tendenziali, rispetto al +0,4% italiano, si registra una crescita del 2,6% negli Stati Uniti e dello 0,9% in Francia. Per quanto riguarda la Germania la diminuzione ammonta allo 0,1%.
Istat rivede al ribasso il Pil nel secondo trimestre 2023, i dettagli dell’Istituto
Nell’illustrare la correlazione tra la flessione del Pil e il calo della domanda interna, l’Istat ha snocciolato i dati sulla domanda nazionale al netto delle scorte.
La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,7 punti percentuali alla variazione del Pil: nullo il contributo dei consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -0,4 quello degli investimenti fissi lordi e -0,3 quello della spesa delle amministrazioni pubbliche. Le scorte hanno contribuito positivamente (per 0,3 punti percentuali).
Nullo il contributo della domanda estera netta. Capitolo importazioni ed esportazioni: sono anch’esse diminuite, entrambe in misura pari allo 0,4%. Andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto si riscontrano in tutti i principali comparti produttivi dell’economia nostrana, con agricoltura, industria e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,3%, dell’1,4% e dello 0,1%.