Primo giorno alla Mostra del Cinema di Venezia numero 80 e subito un titolo tra i più importanti fuori concorso, infatti viene presentato “L’Ordine del Tempo” della regista Liliana Cavani pronta a ritirare durante la cerimonia d’apertura il suo Leone D’Oro alla carriera. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Rovelli, che racconta come un gruppo di amici si prepari a trascorrere insieme in una villa le ultime ore di vita del mondo. Nel corso di un incontro con la stampa la cineasta si è soffermata sui tanti documentari storici realizzati ad inizio carriera e come quel periodo di studi sia stato fondamentale per lei.

Liliana Cavani il video a Venezia 80 per “L’ordine del tempo”

Liliana Cavani è pronta a ritirare il suo Leone D’Oro ed inizia la conversazione ricordando la sua prima volta a Venezia, ormai più di mezzo secolo fa in cui mandò un documentario che segnò profondamente la sua vita umana ed artistica perché affrontava il tema della storia e della seconda Guerra Mondiale: “Pensate che ero in vacanza e non ritirai mai quel premio. Alla fine ho affrontato una vera rivelazione, ho scoperto che c’erano e ci sono tutt’ora dei nazisti in giro. I negazionisti sono assurdi, ho guardato cose terribili mentre studiavo i fatti. Nelle scuole non si studiava davvero la seconda guerra mondiale, ma magari conflitti di migliaia di anni prima. Il mio cinema ha risentito del passaggio attraverso la storia. Penso che queste persone andrebbero legate ad una sedia così da poter mostrare loro cosa è stata davvero la storia. Vedere cosa c’era quando hanno aperto i lager è stato il momento peggiore di tutta la mia vita“, spiega la grande cineasta che poi elogia il grande lavoro fatto con il cast del suo ultimo film: “Io e il mio co- sceneggiatore ci facevamo spiegare da Rovelli come mandare avanti il film , ma non lo capivano. Alla fine abbiamo lavorato facendoci delle domande su cosa è il tempo. Anche gli attori hanno dovuto riflettere su di loro. Gli attori e le attrici sono stati molto bravi, questa è un’opera dove conta tanto la recitazione e noi volevamo incuriosire il pubblico”.

La grande cineasta ricorda poi con grande affetto un film di tanti anni fa, che è quello a cui è maggiormente legata: “Non potrei mai dirne uno, ma se proprio devo scelgo Il Portiere di Notte. È stato un film che mi ha coinvolto molto per le discussioni con la distruzione internazionale. Il film aveva toccato tasti poco usati creando stupore da parte mia e degli attori, sono stata fortunata ad avere Dirk Bogarte e Philippe Leroy. Durante il corso del film ho aggiunto delle scene togliendone altre. Compresi quel film mentre lo facevo. Ho dovuto raccontare il personaggio della donna che assomigliava a una superestite di Auschwitz che non voleva essere intervistata perché si vergognava di essere viva”.

Il racconto da parte del cast del film

In assenza di Alessandro Gassman il cast maschile è rappresentato da Edoardo Leo, che subito loda il grande lavoro con Liliana Cavani: “A volte torni a casa arricchito come persona ed altre come professionista, quadra storia ci si è attaccata addosso. Siamo stati un mese in una casa di Sabaudia facendoci le stesse domande dei protagonisti. Liliana ci parlava della sua vita e del senso dei personaggi, non giravamo mai ma le riflessioni entravano dentro di noi e la prima ripresa era buona. Sono stato investito da un’energia”.

Claudia Gerini si sofferma invece sulle grandi qualità di questa artista: “ È stato molto formativo per noi perché unico personaggio era il gruppo. In particolare il mio personaggio accoglie tutti. Non potevamo fare altro che tirare fuori l’umanità. Liliana è una regista in ascolto, è molto bello lavorare senza fretta, nonostante le tante difficoltà come una tromba d’aria. Abbiamo realizzato un film su una piccola questione umana andando verso un futuro di cui non sapevamo nulla. È stato molto bello costruire questa pluralità”, mentre Ksenija Aleksandrovna Rappoport star internazionale della pellicola rivela cosa le ha insegnato realizzare quest’opera: “Un film che mi ha aiutato a sopravvivere in un momento difficile, alla fine del film la mia Paola trova se stessa. Scopre che la cosa più importante nella vita è l’amore. Io penso che per fare un figlio ci sono 9 mesi di gravidanza, poi allattamento e tante preoccupazioni per lui. Poi cresce e arriva alla guerra per morire in pochi giorni. Questo film mi ha insegnato l’ordine del tempo”.