I soldi ricevuti in vita rientrano nell’eredità? Le donazioni rientrano nell’asse ereditario? Molti lettori si interrogano su diversi aspetti correlati all’eredità. In molti si chiedono se il denaro ricevuto in vita debba essere restituito perché rientra nell’asse ereditario. Si tratta di una questione molto delicata e altrettanto complessa: le donazioni o i prestiti di denaro rientrano nell’eredità? Vediamo cosa dice la legge.

I soldi ricevuti in vita rientrano nell’eredità?

La normativa sulla successione non riguarda il prestito di denaro. Tuttavia, la donazione è un affare ben diverso. D’altra parte, il prestito prevede la restituzione della somma elargita. La questione è estremamente delicata, poiché la somma di denaro concessa come prestito potrebbe influire notevolmente sul patrimonio. Questa condizione può favorire qualcuno a discapito di altri, a seconda della natura delle circostanze.

Chi sono gli eredi per legge?

Gli eredi legittimari vengono individuati nella figura del coniuge, dei figli e degli ascendenti. Secondo le disposizioni contenute nella legge n. 76/2016, si aggiunge la parte superstite dell’unione civile. Fratelli e sorelle, tuttavia, non rientrano nel quadro degli eredi legittimari; pertanto, non spetta loro una fetta di eredità.

Cosa non va nell’eredità?

Secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate in materia di successione ereditaria, non c’è obbligo di dichiarazione se ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto
  • ha un valore non superiore a 100.000 euro
  • non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari.

Qual è la differenza tra la donazione o prestito di una somma di denaro?

Una somma di denaro donata non prevede la restituzione dell’importo, a differenza di quella di un prestito. La natura dell’atto, donazione o prestito, è stabilita in base alla volontà delle parti coinvolte.

Il vero problema può emergere quando non è stata chiarita la natura del trasferimento di denaro e se la persona che ha prestato la cifra è deceduta. In quest’ultimo caso, è evidente che definire la natura del trasferimento influisce notevolmente sulla questione ereditaria. Situazioni di questo tipo sono affrontate dal giudice competente, il quale deve prendere una decisione basata su criteri oggettivi e predefiniti.

Affinché un trasferimento di denaro possa essere considerato una donazione, è necessario identificare l’animus donandi del donante, ovvero la sua volontà di effettuare una donazione. Ciò implica che il donante voglia trasferire una somma di denaro al beneficiario senza aspettarsi di riceverla indietro in futuro. D’altra parte, le donazioni di notevole entità vengono spesso formalizzate attraverso un atto notarile, dove la volontà del donante è chiara sin da subito.

Allo stesso modo, un accordo scritto per un prestito chiarisce la natura del trasferimento di denaro, escludendo senza alcun dubbio la possibilità di donazione.

Tuttavia, la questione si complica quando mancano documenti a supporto del trasferimento di denaro, che potrebbero indicare se si tratta di un prestito o di una donazione.

I soldi ricevuti in vita possono essere impugnati dagli eredi?

 In linea generale, le somme di denaro trasferite dal defunto come prestito prima della morte non possono essere contestate, poiché esiste l’obbligo di restituzione, il che significa che tali somme non influiscono sulle quote di eredità.

In altre parole, il denaro ricevuto come prestito dovrà essere restituito anche dopo la morte di colui che ha elargito le somme di denaro. La responsabilità della restituzione ricade sugli eredi, i quali, in caso di mancata restituzione, possono intraprendere azioni legali per ottenere la restituzione delle somme prestate. È importante notare che, accettando l’eredità, si ereditano sia gli attivi che i passivi proporzionali alle quote ereditarie.

È fondamentale sottolineare che colui che ha ricevuto il trasferimento di denaro deve restituire l’intero importo, poiché tali somme fanno parte del patrimonio ereditario, anche se il debitore è un erede. I debiti non restituiti entro 10 anni prescrivono, e quindi tali somme non fanno più parte del patrimonio ereditario.

È possibile che per risolvere la situazione, l’erede debitore possa raggiungere un accordo con gli altri eredi, riducendo il debito attraverso la propria quota ereditaria.

In conclusione, ogni situazione è unica e può essere influenzata da diversi fattori, come le intenzioni del donatore e la documentazione scritta, se disponibile. Pertanto, è consigliabile ricorrere alla consulenza di un esperto legale al fine di comprendere le disposizioni normative applicabili alla propria situazione.