Il contraddittorio preventivo con l’Agenzia delle entrate, permette ai contribuenti di essere parte attiva in caso di accertamenti fiscali: cos’è e quando è obbligatorio?

Si tratta di una procedura che l’Erario deve attivare per comunicare al contribuente che è oggetto di accertamenti. Non sempre è obbligatorio, ma solo in alcuni casi e se non dovesse essere attuato potrebbe diventare uno strumento di ricorso per il contribuente.

Spieghiamo cos’è, come funziona e quando è obbligatorio il contraddittorio preventivo.

Accertamenti fiscali, cos’è e come funziona il contraddittorio preventivo

Nell’ambito degli accertamenti fiscali, il contraddittorio preventivo è una parte essenziale del diritto tributario. Grazie a questo strumento il contribuente diventa parte attiva nei procedimenti di accertamento fiscale.

In sostanza, prima che il Fisco emetta un avviso di accertamento, l’Amministrazione competente è tenuta ad informare il contribuente interessato del perché verrà effettuato l’accertamento fiscale. Attraverso questo strumento, il contribuente potrà presentare altri documenti a sostegno della propria posizione.

Il contraddittorio preventivo, chiamando in causa anche il contribuente, rende la procedura di accertamento chiara e trasparente, dando la possibilità al contribuente di contestare le constatazioni del Fisco. Ricordiamo che, il contraddittorio è disciplinato dall’articolo 5 del Decreto legislativo n. 217/1997.

Quando è obbligatorio il contraddittorio preventivo negli accertamenti fiscali

Ci sono casi in cui il contraddittorio preventivo è obbligatorio. Capita, a volte, che l’amministrazione emette avvisi di accertamento senza avviare il procedimento di contraddittorio preventivo.

Secondo il Decreto legislativo n. 217/97 è obbligatorio per i seguenti accertamenti:

  • Imposte sui redditi e addizionali;
  • Imposte sostitutive;
  • Ritenute;
  • Contributi previdenziali;
  • Imposte regionali sulle attività produttive;
  • Imposte sul valore di attività finanziarie all’estero;
  • Imposta sul valore degli immobili all’estero;
  • Iva.

Se nei casi sopra indicati manca il contraddittorio, l’atto può essere anche dichiarato invalido a patto sempre che il contribuente riesca a dimostrarne su cosa avrebbe potuto far valere le proprie ragioni prima di avviare l’accertamento fiscale.

Solo in alcuni casi, il Fisco può non avviare un contraddittorio preventivo, in presenza di circostanze di particolare urgenza e fondato pericolo per la riscossione:

  • Se sussistono violazioni tali da sfociare in un obbligo di denuncia per reati tributari;
  • Nel caso in cui è necessario snellire i tempi necessari agli accertamenti.

Il fondato pericolo per la riscossione viene integrato quando sussiste il timore fondato di perdere la garanzia del credito.

Quando non è obbligatorio

Ci sono ben altri casi in cui il contraddittorio preventivo non è obbligatorio. Ecco in relazione a cosa:

  • Agli studi di settore;
  • Agli accertamenti sintetici,
  • Agli abusi.

Oltre a questi casi, non è obbligatorio il contraddittore quando il Fisco svolge solo accertamenti parziali.

Cosa sono gli accertamenti sintetici? Si tratta del metodo con cui il Fisco indaga sulle spese che ha sostenuto il contribuente per determinare il reddito complessivo di un determinato periodo d’imposta.

Quali sono gli obblighi del contribuente

Innanzitutto, chiariamo che i contribuenti hanno la possibilità di partecipare ai contraddittori preventivi senza nessun rischio di ricevere ulteriori sanzioni.

Se non vi prende parte, però, non può contare sull’accertamento con adesione e non può far valere le proprie ragioni. In sostanza, se non vi prende parte, il Fisco non è obbligato a valutare in modo imparziale la documentazione a proprio discapito eventualmente fornita dal contribuente.

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