Rappresenta un popolo e, nel suo piccolo e per quanto possibile, ne allevia le ferite. Incarna un Paese che è tale solo dal 2011 e che fa i conti con la povertà e tante altre conseguenze di una guerra civile che per sette anni lo ha devastato più di quanto non facessero già la fame e il basso tasso di scolarizzazione. Un Paese che però gioca – e a quanto pare bene – a basket pur non avendo neanche una palestra omologata per le competizioni internazionali. Gioca così bene che ieri, a Manila, ha centrato una vittoria bella pesante contro la Cina ai Mondiali: 89-69 il punteggio. Il primo successo alla prima partecipazione alla competizione iridata.

Ai Mondiali di basket la favola del Sud Sudan, la Cenerentola africana

Tutti i giocatori della rosa, chi più chi meno, di allegro, alle spalle, hanno soltanto i colori della vivace bandiera. I ricordi spesso dolorosi sono tanti. Nel ranking mondiale Fiba guidato dalla Spagna sugli Stati Uniti, il Sud Sudan occupa il gradino 62, l’ultimo tra quelli delle squadre qualificate; la Cina il 27. Un’impresa quel 62° posto e con esso la partecipazione ai Mondiali. Non foss’altro perché la squadra del 41enne coach Royal Ivey ha avuto ben poche occasioni di esibirsi davanti al proprio pubblico. Soprattutto tra il 2013 e il 2020, gli anni della guerra civile.

Personaggio simbolo di una squadra simbolo è Luol Deng, naturalizzato inglese, 38enne presidente della federazione e talent scout, nonché ex giocatore Nba che nel 2007 vinse il premio per la sportività della lega professionistica americana. In campo c’è invece Carlik Jones, il 25enne playmaker ex Chicago Bulls nato negli Stati Uniti. Passando per Nuni Omot, ala piccola nata in Kenya ma dal doppio passaporto statunitense-sudsudanese: una croce per il Portorico, primo avversario degli africani. E passando, ancora, per Kuany Kuany, ala forte dalle origini anche australiane protagonista nel college basket statunitense.

Le stelle della squadra vengono da Nba e Ncaa e sono ambasciatori di un Paese povero ma combattivo

Solo una piccolissima percentuale di sudsudanesi vive in città. Giuba non arriva infatti a 400.000 anime, ma è la capitale alle prese con una crescita disomogenea di una nazione di 11 milioni di abitanti. La prossima capitale dovrebbe diventare Ramciel. L’Indice di sviluppo umano, dal quale è possibile stilare una graduatoria dei Paesi in base alla loro ricchezza, basandosi su aspetti come l’istruzione, le aspettative di vita e il Pil, vede il Sud Sudan al 191° posto. Per renderci conto, la Svizzera è prima con un valore Isu di 0,962 e un incremento dal 2021 dello 0,19%; il Sud Sudan è ultimo con 0,385 e un decremento dell’1%.

“Giustizia, Prosperità, Libertà” è il motto della nazione. Guarda caso tre concetti che non sempre hanno fatto parte del loro corredo socio-politico. Piaghe della società restano analfabetismo e mortalità materna. Fanno da contraltare gli Stati Uniti, là dove appunto diversi giocatori hanno prima imparato e poi predicato pallacanestro. E a regalare un briciolo di serenità a un popolo che non sa proprio dove cominci, quella serenità. Cominciamo dal basket?

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